Più aree protette in Lombardia: obiettivi e criticità

Uno studio del Politecnico fa il punto sul processo di riorganizzazione. Circa il 23% del territorio lombardo è costituito da aree protette.

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Circa il 23% del territorio lombardo è costituito da aree protette, la cui riorganizzazione è al centro dello studio che il Consiglio ha commissionato al Politecnico di Milano (Dipartimento di ingegneria Gestionale) e che è stato presentato ai Consiglieri prima della pausa estiva.

Il report fa parte di una delle cosiddette “missioni valutative” del Comitato paritetico di controllo e valutazione delle leggi (CPCV) realizzata d’intesa con la Commissione Agricoltura, montagna, foreste e parchi.

Il processo di riforma delle aree protette è iniziato in Lombardia nel 2016 (con la legge n°28 che aveva un intento di semplificazione) e ha fra i suoi riferimenti anche la Strategia Europea per la Biodiversità. Quest’ultima, fra i suoi obiettivi al 2030, prevede che venga raggiunta la quota del 30% di territorio coperto da aree protette e il 10% di territorio (terrestre e marino) coperto da aree rigorosamente protette. 
Nei quattro anni successivi all’avvio della riforma (e fino all’inizio della pandemia) Regione Lombardia ha garantito un contributo di 800 mila euro annui, ripartito proporzionalmente in base alla superficie dei parchi. All’interno di questo budget rientravano le spese per le consulenze e gli incarichi tecnici e le attività di comunicazione. A questi fondi si aggiungono i contributi regionali per i progetti di manutenzione straordinaria, recupero e riqualificazione del patrimonio naturale, che si aggirano sui quattro milioni di euro.

In particolare, sono stati approfonditi quattro studi di caso: il Parco del Mincio, il Parco dei Colli di Bergamo, il Parco del Serio e il Parco delle Orobie valtellinesi, dove è aumentata la domanda di iniziative di educazione ambientale proveniente dal territorio.

Secondo lo studio è necessario individuare dei modelli di gestione comune e associata che permettano di valorizzare la condivisione delle risorse umane e tecnologiche, evitando l’accentramento nei soli Enti parco. Questo potrebbe ridurre anche le frizioni da parte del personale impiegato, nonchè una gestione condivisa e ancor più rispettosa delle competenze locali. Alcuni enti hanno anche segnalato a tal proposito la progressiva perdita di personale specializzato e la difficoltà di reperirlo quando vi è spazio per nuove assunzioni.
A fronte di queste difficoltà, il territorio gestito dagli Enti parco sta aumentando: infatti almeno sette parchi hanno ampliato il territorio gestito, acquisendo porzioni di territorio da parte di alcuni Comuni. Il territorio ampliato è pari complessivamente a 9983 ettari. Gli incrementi più significativi riguardano il Parco delle Groane e il Parco di Montevecchia (quest’ultimo ha praticamente raddoppiato il territorio tutelato).
Un’altra criticità è il fatto che le strutture di gestione degli Enti parco non si sono modificate in modo significativo, a parte i due casi del Parco del Mincio e del Parco Nord Milano, interessati da un piccolo aumento di personale. Sono comunque scarse le iniziative per l’individuazione di funzioni associate tra enti al fine di migliorare l’efficienza gestionale.

In conclusione, a 7 anni dall’inizio della riforma sono solo 2 i progetti di riorganizzazione dei parchi che sono stati approvati, mentre per altri 10 il progetto di riorganizzazione è in via di completamento. Per i restanti parchi il progetto deve ancora essere predisposto.