Un fuoco che illumina simbolicamente l’attesa del mondo agricolo per il risveglio della natura e per la stagione primaverile, come augurio per buoni raccolti e per tenere in salute il bestiame, così necessario per il duro lavoro nei campi.
Il rito dei fuochi di Sant’Antonio che si accenderanno la sera del 17 gennaio e la cui origine si perde nella notte dei tempi, nell’ultimo decennio è diventato un appuntamento fisso, una piacevole riscoperta di un evento che aveva la sua forte valenza religiosa e che oggi sposa la tradizione con il folclore.
Questo rito infatti era caduto in disuso con il mutamento sociale dei primi anni Sessanta di fronte al boom industriale e al lento ma persistente abbandono delle campagne e dell’allevamento diffuso; oggi però, grazie anche al ritorno delle attività dei campi e alla maggiore sensibilità e attenzione maturate verso il mondo dell’agricoltura e del bestiame, è stato riscoperto e valorizzato.
Decine di cataste di legna verranno date alle fiamme il 17 gennaio in quasi tutte le province lombarde, e in particolare nelle province di Milano e Varese, con appuntamenti spesso accompagnati anche da benedizioni e cerimonie religiose.
Per tutti questi eventi l’attesa è talmente alta che per la raccolta del materiale che verrà bruciato si muovono associazioni, oratori e scolaresche. Tutti riuniti poi la sera del 17 gennaio attorno ai falò, magari con un bicchiere di vin brulè in mano per tenere lontano freddo e gelo. Un momento simbolico ma carico di significati, un abbraccio ideale tra l’uomo e la natura, tra magia e tradizione che si fondono insieme nelle fiamme che si levano alte verso il cielo.
In Brianza e nel Comasco, inoltre, i falò si accenderanno anche l’ultimo giovedì di gennaio per festeggiare la Giubiana, un fantoccio di paglia vestito di stracci (la Giubiana, o Giöbia) che viene data alle fiamme in un rogo augurale.