Lomello e la sua basilica costruita dal diavolo

Nessuno associa il diavolo a una chiesa. Figuriamoci pensare che il demonio in persona possa costruirne una. Eppure, questo è ciò che è avvenuto – almeno secondo la leggenda – per la basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello, nel cuore della Lomellina, in provincia di Pavia.

 

Piccolo borgo, grande storia – Prima di addentraci lungo le navate del luogo di culto, vale la pena una veloce digressione sul paese che la ospita. Oggi è un centro agricolo di modeste dimensioni, ma nei secoli passati ha vissuto una notevole importanza, soprattutto durante il Medioevo. Era di fatto la “capitale” della Lomellina, la zona a cui diede il nome e al tempo dei Longobardi poteva vantare un palazzo fortificato capace di ospitare una corte. Un prestigio che gli consentì, al tempo dei Comuni, di opporsi alla vicina Pavia e allearsi a Milano contro l’imperatore Federico Barbarossa. Cosa che i pavesi non dimenticarono, bollando la nobiltà locale di tradimento e dopo averla fatta prigioniera, distruggendo la rocca. Correva l’anno 1155, momento che segnò anche, irreversibilmente, la decadenza del paese.

 

Una basilica bizzarra – Su una delle collinette sulle quali sorge il centro abitato (il fatto che Lomello non abbia un piano livellato, probabilmente, è dovuto a una riedificazione sul vecchio borgo distrutto da una tremenda alluvione fra il I e il II secolo d.C.), sorge la basilica di Santa Maria Maggiore. Edificata fra il 1025 e il 1040 circa, rappresenta un bell’esempio di stile romanico lombardo, reso però unico da alcune “stranezze” architettoniche: navate asimmetriche, arcate diseguali, grandi archi trasversali non paralleli fra loro. E soprattutto i mattoni della parte anteriore posizionati in maniera disomogenea, in alcuni punti quasi disordinata.

 

Un altro matrimonio che non s’aveva da fare – La regina Teodolinda, che da queste parti era di casa, pare avesse scelto proprio Lomello per celebrare le sue seconde nozze con Agilulfo, duca di Torino. I Longobardi si sa, erano ariani, mentre la consorte del compianto Re Autari, fervente cattolica. Secondo una variante, pare che il defunto sovrano avesse concesso al diavolo che ai Longobardi fosse vietato il battesimo e quindi il demonio fosse impensierito dal potere della regina che sarebbe stato usato a favore della fede della Chiesa di Roma. Secondo un’altra, più romantica, Belzebù stesso sarebbe stato innamorato della signora e quindi “geloso” per gli imminenti fiori d’arancio. Fatto sta, che il giorno prima delle nozze Satana provocò un fragoroso temporale sopra la chiesa con potenti fulmini che suscitarono un potente incendio che la distrusse in poche ore.

 

Le preghiere esaudite – Davanti alla devastazione, la Pia Teodolinda si ritirò in preghiera chiedendo al Signore di salvare il suo matrimonio. Invocazione accolta, tanto che Dio diede ordine all’Arcangelo Gabriele di scendere negli inferi e costringere il diavolo a ricostruire ciò che era stato distrutto prima del suono dell’Ave Maria del mattino, pena l’edificazione di tre nuove chiese. Il signore degli inferi fu costretto a cedere e incaricò muratori e architetti dell’inferno a procedere in tal senso, ma per nascondere la sua vergogna e impedire che i cittadini del borgo potessero assistere ai lavori, fece scendere una nebbia fitta e fredda che costrinse tutti a stare chiusi in casa. Il buio e il poco tempo a disposizione, però, causarono problemi anche ai satanici operai del cantiere. Che infatti fecero male i lavori, dando alla basilica un aspetto disordinato e incompleto.

 

Date incerte – Le ragioni della leggenda, sono facilmente desumibili. Le date però non coincidono. Se – come sostengono gli storici – la chiesa è della fine del XI secolo, difficilmente può aver ospitato davvero le nozze di Teodolinda, celebrate oltre quattrocento anni prima. 

 

Sinistre storie anche sul castello – Anche il castello di Lomello, oggi sede del Comune, che sorge di un’altra collinetta del paese, vanta la sua leggenda. Questa volta, però, il diavolo non c’entra. Non direttamente almeno. Secondo la storia, l’osservante Teodolinda avrebbe avuto una storia passionale con un contadino del borgo, dalla quale sarebbe nata una bimba illegittima. Per evitare lo scandalo, dovette abbandonare l’infante ancora in fasce. Divenuta ragazza e venuta a conoscenza della nobile genitrice, la giovane chiese di poter abbracciare la madre.  Teodolinda venne informata sul desiderio della ragazza di riabbracciarla ma per non rischiare l’onore si fece aiutare da due soldati che rapidamente rintracciarono la figliastra e la rinchiusero in una delle stanze del castello per ben tre anni. Una volta liberata, la fanciulla iniziò a urlare la sua verità accecata dall’odio e per tutta risposta, la regina la fece murare viva nella rocca per impedire che il segreto potesse essere rivelato. Da allora il suo spirito vaga disperato per queste mura. E si dice che alcuni funzionari dell’amministrazione pubblica nel corso degli anni siano stati costretti a trasferire degli uffici per non essere disturbati dai lamenti e dai pianti. 

 

Paolo Guido Bassi