A Sesto Calende la pietra magica che confonde le bussole e fa nascere i bimbi

A Sesto Calende c’è una “pietra magica” che aiuta le donne a far nascere i bambini. Così, almeno, hanno pensato tante persone per secoli. Stiamo parlando del Sasso di Preja Büia, un grosso masso erratico di serpentino verde, scivolato dalla Val d’Ossola fino alla città varesotta nell’era quaternaria, probabilmente durante l’ultima glaciazione del Neozoico.

La si incontra in una zona isolata, ai margini del bosco, nei pressi dell’oratorio di San Vincenzo, un suggestivo edificio le cui fondamenta risalgono al X-XI secolo, che ancora conserva alcuni frammenti di affreschi raffiguranti San Giorgio e il drago e i Re Magi. La struttura, al tempo della peste venne usata come lazzaretto e probabilmente venne eretta sulle spoglie di un tempio pagano.

 

Che la zona fosse un luogo di culto per l’antica civiltà di Golasecca, lo prova, appunto, la presenza poco lontano della roccia e i racconti che si porta dietro dove si confondono leggende, realtà, mitologia. Il “gigante”, la cui forma ricorda la testa di un falco, quasi certamente aveva una funzione religiosa. Con ogni probabilità, si trattava di un altare. A confermarlo, ci sarebbero le numerose coppelle e alcuni petroglifi simbolici (graffiti simili alle incisioni rupestri). Accanto, vi sono altri due massi erratici di minori dimensioni, anch'essi riportanti incisioni preistoriche e coppellarie. Lo stesso nome dialettale, potrebbe tradursi in pietra scura o pietra bucata (per via, appunto, delle coppelle).

 

Qui, per secoli, le donne si sono recate per invocare – prima gli Dei e poi il Dio cristiano, la grazia di poter generare un figlio o la protezione per il nascituro che portavano in grembo. Attorno a questa affascinate pietra sono nate diverse leggente. La più nota, racconta di un pescatore di Sesto Calende, sposato con figli, divenuto amante della bellissima Venere. Giove, indispettito per la tresca, trasformò l’uomo in un drago. La Dea a questo punto lo aizzò a distruggere la città con il suo soffio infuocato. Le fiamme non risparmiarono nemmeno la casa del pescatore e la moglie nell’estremo atto di sacrificio per cercare di salvare i figli fece scudo con il proprio corpo nel vano tentativo di proteggerli dalle fiamme. Così vennero trovati, trasformati in una sagoma d’oro di una chioccia intenta a covare i suoi pulcini, un simbolo dell’amore materno. Una forma simile a quella che secondo alcuni avrebbe il complesso erratico di Preja Büia. E forse anche il fatto che sui muri dell’Oratorio di San Vincenzo qualcuno volle raffigurare il santo che uccide il mitologico mostro sterminatore, non è un caso… Di certo sappiamo che per molto tempo, fino al secolo scorso, questo posto è strettamente legato all’invocazione della fertilità e della protezione della prole. Il 25 Luglio 1984 la giunta regionale lombarda ha deliberato l’istituzione del monumento naturale Preja Büja al fine di tutelarlo nelle sue caratteristiche naturali, quale testimonianza della storia geologica del territorio regionale. La gestione del monumento è affidato al consorzio del Parco lombardo della Valle del Ticino, che si occupa della sua conservazione e ripristino oltre che della divulgazione e conoscenza di questo esclusiva opera della natura e dell’uomo.

Non è invece leggenda, ma scienza, il potere “magnetico” del complesso erratico. Chiunque può verificarlo, basta portare con voi una bussola: vi accorgerete che segna il nord dalla parte sbagliata.

 

Paolo Guido Bassi