Si, non si tratta di un refuso. Dalle quattro di ieri notte è in atto un attacco al cuore della Russia, al suo luogo d’origine, alla sua anima profonda. Perché è sulle sponde del fiume Dnepr che nel V secolo dopo Cristo i mercanti goti provenienti dalla Scandinavia fondano la città di Kiev che diventa in breve tempo un punto di snodo fondamentale per i traffici commerciali tra il Nord Europa e Bisanzio. E’ proprio in questa città che nel 882 si insedia il primo principe della Rus, lo svedese Rjurik: ed è sempre a Kiev sulla collina di San Michele, dove oggi sorge lo splendido monastero dalle cupole dorate, che nel 988 avviene il battesimo della Russia ad opera del principe Vladimiro I il Grande oggi venerato come santo dalla chiesa ortodossa. A Kiev per quattro secoli si sviluppa e prospera la corte più ricca e sfarzosa a est di Vienna e Cracovia. Con l’arrivo dei mongoli nel 1240 la Rus di Kiev si dissolve ma prima che sorga la stella del khanato di Mosca ci vorranno almeno 150 anni. Nel 1380 il Principe Dmitrji sconfigge i Tatari nella battaglia di Kulikovo che consacra l'egemonia di Mosca su Vladimir, Novogorod e gli altri regni slavi preesistenti. La regione di Kiev invece confluisce dopo complesse vicende nel regno di Galizia e poi in quello polacco fino ai primi del '700 quando viene definitivamente annessa all’impero dallo Zar Pietro il Grande.
L’Ucraina dunque è per definizione terra di confine, terra contesa, terra di meticciato in cui le etnie, le lingue, le fedi religiose si mischiano. A ovest del Dnepr i caratteri della lingua scritta sono latini e la religione è prevalentemente quella cattolica. A Est invece prevalgono le popolazioni russe, che scrivono in cirillico e sono fedeli ortodossi o cattolici di rito greco, gli Uniati. E qui corre l’obbligo di una precisazione: le chiese ortodosse sono “autocefale” ovvero autonome: viene riconosciuto solo un primato “morale” al Patriarca di Costantinopoli per la sua discendenza dall’Apostolo Andrea e per il ruolo che la capitale bizantina ebbe nella cristianità fino alla conquista ottomana. Dunque gli ortodossi ucraini hanno un loro patriarca che è un pari grado di quello di Mosca, anzi nella gerarchia onorifica delle chiese di rito greco viene prima di quello moscovita perché il titolo vescovile è molto più antico. Da qui le liti che hanno condotto nel 2019 ad un clamoroso scisma di una parte della chiesa ucraina da Mosca, scisma “benedetto” dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I.
L’attuale stato ucraino si forma effettivamente negli anni confusi dopo la Rivoluzione d’Ottobre: nel 1922 Lenin lo associa alla neonata URSS e dopo la II Seconda guerra mondiale Stalin ne estende i confini occidentali ai territori sottratti a Polonia, Cecoslovacchia e Romania. Nel 1954 Krusceev “regala” la Crimea – che era sempre stata russa – all’Ucraina in cambio del posizionamento dei missili balistici con testate atomiche sul territorio ucraino. Nel 2014, dopo la rivoluzione di Maidan e la denuclearizzazione del paese, la neonata confederazione Russa si riprende indietro il grazioso dono riannettendo la penisola con un colpo di mano incruento confermato dal successivo plebiscito popolare. Se questa è la storia pare davvero difficile sostenere – come ha fatto Vladimir Putin nel suo drammatico discorso televisivo notturno – che “L’Ucraina è parte integrante della nostra storia e cultura mentre lo stato ucraino è stato creato artificialmente da Lenin”. Si tratta di un falso storico evidente: la nascita della Russia di Kiev precede di molti secoli quella di Mosca e le vicende dei due regni hanno proceduto sempre in parallelo con molte rivolte e tentativi di separazione anche dopo l’annessione in età moderna. Oltre tutto Putin sembra dimenticare che la Federazione Russa (e non la vecchia URSS) ha riconosciuto l’indipendenza dell’Ucraina nel 1994 e poi implicitamente nel 2014 firmando con essa gli accordi di Minsk, disattesi ahimè da entrambe le parti.
L’attacco russo non ha dunque motivazioni storico-ideologiche fondate. Non si basa sulla situazione in Donbass, dove è un atto da otto anni una guerra a bassa intensità tra le milizie separatiste armate da Mosca e l’esercito regolare di Kiev: a tale scopo sarebbe bastato un intervento limitato in stile Crimea. Neppure il pretesto dell’allargamento a Est della Nato pare argomento solido: nè la Nato nè la UE hanno mai promesso nulla al governo di Kiev ben sapendo che un tale passo sarebbe devastante per gli equilibri geopolitici dell’Europa dell’Est. Questa mossa sembra avere dunque una sola spiegazione: la volontà di Mosca di riportare Kiev nella propria orbita di influenza dopo lo strappo del 2013 e la deposizione del presidente Janukovyč, vicino a Putin. Un copione già visto del resto su scala minore in Abkazia, Ossezia e Georgia. I prossimi giorni ci diranno se l’azzardo riuscirà e a quale prezzo di vite umane.