Nelle opere di Longaretti, pittore trevigliese, silenzi e luci di un’umanità inquieta

Lombardia, terra di artisti dal valore universale. Tra costoro annoveriamo sicuramente Trento Longaretti, pittore trevigliese scomparso a cento anni il 7 giugno 2017 e ora protagonista di una duplice esposizione al Museo Bodini di Gemonio (Va) e allo Spazio Arte e Caffè delle Scuole Manfredini di Varese. La figura di Longaretti merita un approfondimento. Nono di tredici figli ai quali il padre, fabbro, volle dare nomi di origine patriottica, Longaretti dimostrò un talento precoce che lo indirizzò all’Accademia di Brera,  frequentata prima della chiamata alle armi nella Seconda Guerra Mondiale. A lungo direttore dell’Accademia Carrara di Bergamo, oltre alla pittura si dedicò al mosaico e alle vetrate. Al Sacro Monte di Varese, nella chiesa dell’Annunciata, è presente una sua maestosa vetrata che raffigura Paolo VI con sullo sfondo basilica di San Pietro e Duomo di Milano. L’opera è in procinto di essere restaurata e resa visitabile si spera a partire dalla fine di aprile. “Sentiamo una musica nuova -ha scritto Vittorio Sgarbi- ma anche una musica mai udita, sentiamo la forza del colore ma anche la grazia e la malinconia degli inquieti viandanti, degli esiliati. C’è qualcosa di ebraico nell’umanità di Longaretti, uno stridore consolatorio come nella certezza che l’uomo dovrà arrivare alla fine di una lunghissima pena, senza un grido, senza un lamento”. Al Museo Bodini sono esposte 48 opere che raccontano la carriera del maestro: nature morte, paesaggi, autoritratti, il sacro, la maternità, e in primo piano drammi purtroppo attuali come quelli degli esuli, dei fuggiaschi, dei viandanti. Scrisse Longaretti: “Il contenuto dei miei lavori è per me sempre e soltanto la figura dell’uomo e del suo mondo”. La mostra “Trento Longaretti. Luce, colore, figure, silenzi, ombre”, curata da Carlo Pirovano e Nunzio Giustozzi, è aperta nelle due sedi ricordate fino al prossimo 24 aprile.