Sboccia tra febbraio e marzo. Cresce tra i terreni più impervi e nei climi anche rigidi ed è di un giallo brillante e con un profumo intenso. I suoi rami smorzano il grigiore dell’inverno e portano l’allegria della primavera.
E’ la mimosa che la tradizione vuole sia donata alle donne l’8 marzo, giornata promossa per celebrare le lotte e le conquiste politiche, economiche e sociali realizzate negli anni. Occasione anche per riflettere su quanto ancora resti da fare contro la violenza di cui le donne spesso restano protagoniste.
Un’usanza tutta italiana e che per ricercarne la ragione bisogna scorrere all’indietro le pagine dei libri di storia fino ad arrivare al 1946. Erano gli anni in cui l’Italia usciva dalla guerra e raccoglieva le sue macerie. Anni in cui nasceva la Repubblica e si eleggeva l’Assemblea costituente. Anni in cui si sarebbe riconosciuto il diritto al voto alle donne. Così arrivò l’idea di reintrodurre la Festa e con essa di scegliere un simbolo di forza e femminilità: il fiore, il più povero che ci fosse. Facile da reperire e adatto per tutte le tasche. Non particolarmente costoso, era possibile raccoglierne a mazzi anche nei campi.
A proporre di mettere ai voti la mimosa fu l’Unione delle Donne Italiane, in particolare Teresa Mattei che vedeva nel “fiore giallo” la premessa per porre le basi di una parità di genere che all’epoca era ancora lontana. Come avrebbe detto qualche tempo dopo spiegando la sua idea “era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette, ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente”.
La scelta della mimosa, che venne così preferita a violette, anemoni e garofani, ruota infatti tutta attorno alle “staffette” della resistenza partigiana. Nella pluralità di incarichi e di impegni assegnati alle donne durante la lotta di Liberazione, quello di “staffetta” era probabilmente il più diffuso, richiamando anche l’illusione di una parità di genere che sembrava farsi strada. La staffetta – per lo più donne o giovani ragazzi che più facilmente non avrebbero destato sospetti – curava i collegamenti tra le varie formazioni impegnate nella lotta, aiutava la trasmissione di ordini, direttive e informazioni, la distribuzione di beni alimentari, medicine, armi, munizioni e stampa clandestina.
Con gli anni, le donne hanno conquistato maggiori opportunità e importanza, accedendo a tutti i settori della vita politica, economica e sociale e la mimosa è caduta un po’ in disuso, tra lo scetticismo generale verso una festa e una giornata considerate anacronistiche e la cui vera origine risalirebbe ai primi anni del Novecento negli Stati Uniti per ricordare l’incendio in una fabbrica che provocò la morte di diverse operaie.
Quello che voleva dunque essere il simbolo della resilienza femminile, della capacità delle donne di farsi strada anche nelle difficoltà, proprio come il fiore capace di crescere bello e colorato anche sui terreni più difficili e al freddo dei mesi invernali, è oramai in declino. Deve però restare vivo il ricordo delle lotte per la conquista dei diritti e ci piace riportare le parole della Mattei che ricordando la Giornata del 8 marzo, oramai anziana e fuori dalla vita politica, disse: “L’8 marzo è il mio ricordo più bello e quando nel giorno della Festa della donna vedo le ragazze con un mazzolino di mimosa penso che tutto il nostro impegno non sia stato vano”.