Milano e il mistero del “Cristùn”, il Signore di cemento del Corvetto

Nella periferia est di Milano, più precisamente alle spalle del quartiere Corvetto, c’è una statua tanto misteriosa quanto amata dai cittadini della zona. E’ el Signurun dè Milan, un enorme Cristo benedicente, alto più di tre metri, installato al civico numero 6 di via San Dionigi, collocato sulla punta di un curioso terrazzino di una palazzina liberty e che forma un cuneo tra due biforcazioni della stessa via tra enormi palazzoni popolari e piccole case.

Un mistero lungo secoli. Del manufatto – che ad oggi ancora non è censito fra i monumenti della città – non si sa praticamente nulla. Ignota la provenienza, la data di realizzazione e il momento in cui è stato posizionato. Si presume risalga a un periodo fra la fine del ‘700 e l’800, mentre una delle poche cose certe pare sia il materiale usato per plasmarlo: graniglia e sabbia del Ticino impastate con polvere di cemento (da qui un altro  nomignolo in voga fra milanesi di queste parti: el Cristùn de cement).

Due leggende. Ad essere ignota, è soprattutto l’origine e il motivo per il quale qualcuno ha deciso di esporlo nel posto dove ancora, dopo secoli, si trova. Fra cortili e ringhiere circolano almeno due racconti. Leggende, tramandate di padre in figlio, fino a farne quasi delle verità storiche. La prima, più affascinante, parla di un ritrovamento sul fondo della vicina e antica roggia Vettabbia. Proveniente da chissà dove, la statua del Cristo redentore è stata ripescata ed elevata sulla facciata della casa per devozione popolare dagli abitanti del quartiere. Forse più probabile, un’altra storia, secondo la quale sarebbe un modello di prova per un Cristo in bronzo che un fonditore alla fine non ebbe cuore di distruggere o che non essendo stata ritirata dal committente fu presa dal capomastro e installata sulla casa ove abitava.

La mano tranciata. E’ facile ipotizzare che la posizione scelta per la sua collocazione, potesse avere una ragione “urbanistica”. Si tratta infatti di uno degli accessi in città da chi arrivava dal sud della provincia. I viandanti, quindi, sarebbero stati salutati e benedetti al loro ingresso a Milano. Ciò almeno fino ad alcune di decine di anni fa, quando a casa di un lavoro sulla rete elettrica, un operaio distrattamente ne tranciò proprio la mano benedicente. L’arto venne recuperato e rimase a lungo custodito negli uffici della Polizia Locale del vicino Centro civico di via Oglio, dove trova sede anche il Municipio 4. Del frammento però si persero le tracce e il braccio del Cristùn è rimasto amputato fino a quando, nel 2020, un imprenditore, Romano Saini, ha deciso di finanziare la ricostruzione della mano, affidata all’opera dell’artista Antonio Mendola, che l’ha rifatta basandosi sulle immagini dell’originale.

Virtù teologali e pragmatismo milanese. La mano, (tranciata, scomparsa e quindi ricreata), mostra tre dita aperte, probabilmente a rappresentare le virtù teologali o il mistero della trinità. Ma i milanesi, con lo spirito che li contraddistingue, hanno sempre sostenuto che in realtà fosse un monito per ricordare ai campagnoli che in città l’affitto si pagava ogni tre mesi (e non ogni sei come avviene fra i contadini).  

Paolo Guido Bassi