31 dicembre: la data che apre le porte del passato alle speranze del futuro

La variante Omicron spegne le feste del Capodanno: spettacoli pirotecnici vietati, cenoni “contingentati” e comunque con ospiti ridotti causa contagio o quarantena, prenotazioni cancellate, cinema semi deserti e spettacoli teatrali rinviati per quarantena degli attori. Un altro pesante macigno sulla ripresa economica. Per quel poco che si può sdrammatizzare in una situazione così tesa e complicata ci si può rifare ai social, dove si rincorrono meme e post ironici. I più scatenati si scambiano gli auguri  invocando “Tamponi e lenticchie” o scherzando sulle code per i test invitano a fare  “tutti insieme il trenino (danza di gruppo ndr)  in farmacia”, oppure spiegando che “Questo #Capodanno ci baceremo sotto il rischio” (anziché il vischio) o suggerendo tecniche per evitare il contagio (slalom tra i pali, campana di vetro, eremitaggio) nella certezza che “comunque gli unici che festeggeranno #capodanno da negativi saranno quelli del #gfvip” e che “arrivare negativi alla fine del 2021, questi sono i veri #HungerGames”. Una situazione sicuramente migliore rispetto a un anno fa ma certamente lontana dai festosi, chiassosi riti collettivi che tradizionalmente accompagnano il passaggio dall’anno passato al futuro. Festività pagana, il Capodanno affonda le sue origini al tempo dei Babilonesi, 4000 anni fa. Il suo nome era Akitù, cioè festa del nuovo anno, e durava ben dodici giorni in corrispondenza dell’equinozio di primavera, quando si restituivano gli attrezzi agricoli ricevuti in prestito come segno di buon proposito per la nuova annata. Legame con il ritmo della semina e della raccolta che risuona anche in Samhain, antica (VI secolo a.C. o anche prima) festa pagana di origine gaelica, che si celebra tra il 31 ottobre e il 1º novembre, nota anche come Capodanno celtico. Per gli antichi Romani l’anno nuovo iniziava alle calende di marzo (il 1° marzo), mese consacrato a Marte,

Fu solo nel 46 a.C. con la riforma del calendario voluta da Giulio Cesare che la festa venne spostata tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, in onore del dio Giano, divinità arcaica simbolo di nuovo inizio, dei passaggi, nella natura e nell'uomo, ambiguo come tutte le transizioni e cui è dedicato il primo mese dell'anno, gennaio. A partire dal 1582, con l’introduzione dell’attuale calendario da parte di Papa Gregorio XIII, la storia ha poi preso una direzione ben precisa, ed il Capodanno è venuta la festa che conosciamo, in un accavallarsi di riti e tradizioni. Ad iniziare dal “Te deum”, l'inno cristiano di ringraziamento per eccellenza che viene cantato la sera di San Silvestro per ringraziare il Signore dell’anno appena trascorso. Attribuito a San Cipiriano, è stato musicato da diversi autori, da Palestrina a Mozart fino a Verdi. Secondo una leggenda il Te Deum è stato intonato da Sant’Ambrogio e Sant’Agostino il giorno di battesimo di quest'ultimo, avvenuto a Milano nel 386, per questo è stato chiamato anche "inno ambrosiano".

Ad esorcizzare il passaggio, tante le località in Lombardia che celebrano l’anno nuovo con roghi e falò; come ad esempio a Tradate (VA) il giorno di Santo Stefano la celebrazione del rogo del Pallone, da cui si traggono auspici: se l’intero manufatto viene distrutto è segno di speranza (per la cronaca, così è avvenuto lo scorso 26 dicembre). 

A Milano, invece, si dice che “El primm de l'ann se comenza/a mangià la carsenza”, un dolce tipico fatto di avanzi impastati con farina, acqua, mele e uva, poi arricchito con burro e uvetta. Era tradizione consumarlo, nascondendo una moneta nell'impasto con tanta fortuna per chi l'avrebbe scovata nella propria fetta. Oltre ai dolci, come ad ogni festa, non mancavano poi i canti popolari benauguranti. Come ad esempio, “El ven sgenee de la bona ventura”, cantata dalle ragazze nubili nella Brianza rurale verso la fine dell’inverno, oppure il “Bunin bunan”, canto mantovano per il primo dell'anno. Si tratta di un canto di questua, ovvero di richieste di offerte eseguite da gruppi itineranti di musici e cantori, che attraversavano le campagne durante le festività agricole, eventi rituali strettamente connessi con lo svolgimento calendariale dell'anno agricolo. Perché l’anno passato chiude un ciclo della vita e si apre alla speranza di nuova semina e di un nuovo abbondante raccolto. Ieri, come oggi. Buon 2022 a tutti.