A volte bastava mostrare una medaglietta con l’immagine dell’Immacolata o di Sant’Ambrogio. Oppure un biglietto o un gettone, i cosiddetti “segni”. Un lasciapassare che significava vita, o almeno sopravvivenza dignitosa, per le tante persone bisognose o in difficoltà economiche che potevano così sperare di ricevere razioni di riso, frumento, pane, vino, altri generi commestibili, vestiti e fascine di legna. E’ antica la storia ambrosiana dell’assistenza ai poveri, che anche oggi, in tempi di crisi da Covid si contraddistingue per efficienza e generosità. Si dice che “Milano ha il cuore in mano”, per definire un pragmatismo che nei secoli ha contraddistinto la città anche in campo sociale: prima di Caritas ambrosiana, Opera san Francesco, Pane quotidiano e numerose altre onlus del Terzo settore – ora in prima linea per sostenere vecchi e nuove povertà-, chi si trovava in difficoltà economiche poteva bussare ai “Luoghi pii elemosinieri”. Sin dal Medioevo, infatti, a Milano si creò gradualmente una vasta rete di istituzioni benefiche e assistenziali che svolgevano una fondamentale funzione di contenimento della povertà. In prima linea cittadini benestanti e laici volenterosi pronti a dare soccorso ai bisognosi. Non solo per le persone prive di mezzi di sostentamento, ma anche a sostegno di nobili decaduti, “i vergognosi” perché restii a chiedere elemosina, giovani ragazze la cui condizione economica potesse comprometterne la dignità o che non potessero acquistare la dote, orfani, vedove e anche carcerati, ogni necessità aveva un indirizzo. Nell’arco di oltre 400 anni se ne contano quaranta: il più antico è la Scuola delle Quattro Marie, che risale perlomeno al 1305 (all’inizio 200 soci con scopi culturali e devozionali con sede in contrada dei Pattari), il più recente è il Luogo Pio della Carità verso i Carcerati, fondato nel 1750 presso la casa dei Gesuiti in San Fedele (ancora oggi è attiva la onlus Sesta Opera, per l’assistenza e il sostegno delle persone ristrette in carcere e alle misure alternative), fino all'Azienda di Servizi alla Persona "Golgi-Redaelli", erede conclamata della beneficenza privata meneghina.
Ricche di risorse e patrimoni – donazioni ed eredità, patrimoni terrieri, ville, fattorie – erano gestite da potenti famiglie locali: per loro anche una vetrina per dare lustro al proprio casato, attraverso la beneficienza. Un vero fiore all’occhiello che inevitabilmente attirò su di sé gli interessi del potere del tempo. Il primo ad occuparsene fu, nel 1784, Giuseppe II che diede inizio a un lungo processo di trasformazione dell'assetto istituzionale, giuridico e amministrativo di questo settore della vita pubblica: per la prima volta l’assistenza ai bisognosi veniva annoverata tra le responsabilità proprie dello Stato e la distribuzione delle elemosine veniva gestita sotto il diretto controllo statale. L’illuminato sovrano austriaco razionalizzò gli antichi Luoghi pii elemosinieri, sforbiciando gli enti minori, una trentina, per concentrarli nei cinque Luoghi pii principali (Quattro Marie, Carità, Misericordia, Divinità e Loreto).
Fu poi la volta di Napoleone che unificò sotto un nuovo organismo amministrativo, denominato Congregazione di carità, tutti i settori assistenziali: gli ospedali, le case per anziani e per minorenni, e appunto l'erogazione delle elemosine. Nel 1801, la riorganizzazione culminò con la concentrazione dei cinque Luoghi pii elemosinieri in un unico Capitolo centrale, per poi arrivare dopo l'Unità, alla legislazione sabauda sulle opere pie. In ogni Comune d'Italia venne istituita una Congregazione di carità per l'erogazione dei soccorsi ai poveri: a Milano la Congregazione di carità postunitaria, introdotta nel 1862, di fatto fu una nuova versione dei Luoghi pii elemosinieri. IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) ECA (Ente Comunale di Assistenza), sono poi le sigle che si avvicendarono in epoca crispiana e fascista, fino all’ultima riforma del 2003 approvata da Regione Lombardia. Con la legge regionale n. 1/2003 si prevedeva la trasformazione giuridica di questi enti secondo un duplice percorso: o la trasformazione in un soggetto giuridico di natura privata (associazione o fondazione in relazione al carattere originario dell'ente), oppure la trasformazione in una nuova categoria di enti pubblici denominati Aziende di Servizi alla Persona (Asp). La storia della beneficenza ambrosiana appartiene al DNA dei milanesi e supera le epoche e le norme: basta ricordare, da ultimo, quanto ottenuto dal Fondo san Giuseppe, lo strumento per il contenimento della povertà istituito per volontà dell’Arcivescovo Mario Delpini e del Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, per fronteggiare la crisi economica esplosa durante la pandemia: da marzo 2020 il Fondo ha erogato 4.924.000 euro a 2.454 persone che hanno perso il lavoro o subito un significativo calo di reddito.