Interventi per la famiglia: 138 iniziative sotto la lente della valutazione

Integrazione fra intervento pubblico e privato, elasticità nel tipo di risposta, necessità di presa in carico sistemica e intercettazione dei bisogni non manifesti. Queste alcune delle indicazioni che emergono dal report commissionato del Comitato paritetico per il controllo e la valutazione delle leggi, presieduto da Barbara Mazzali,  nell’ambito della “missione valutativa” sulle politiche regionali per la famiglia.
Il lavoro condotto da ASVAPP (l’Associazione per lo Sviluppo della Valutazione e l’Analisi delle Politiche Pubbliche) è stato presentato in questi giorni e si riferisce alle politiche per la famiglia attive in Lombardia nel triennio 2018-20.
 
L’analisi ha condotto alla mappatura di 138 interventi, 103 realizzati da enti pubblici e 35 da privati, poi classificati per obiettivi e strumenti utilizzati. Si è visto così che il 18% degli interventi appartiene alle politiche per la salute e  il 16%  agli interventi per la devianza e gestione dei conflitti  i quali costituiscono cosi, insieme, il pacchetto più numeroso. Sul versante degli strumenti viene privilegiata la facilitazione economica, con svariate forme di sostegno che vanno dai contributi ai bonus fiscali. Questa forma di intervento coinvolge il 27% degli interventi che diventa il 41% se si considerano solo le politiche attuate dai soggetti pubblici.
Gli interventi sono stati diretti alla famiglia nel suo complesso ( per il 45% del totale) o alle sue componenti individualmente (il 55%).
La fotografia che se ne trae è quella di politiche per la famiglia ispirate ad una concezione che viene definita “mediterranea”, dove la spesa sociale dedicata alle famiglie e ai minori è prevalentemente impiegata in trasferimenti monetari piuttosto che in servizi.
Sui servizi informativi e consulenziali si agisce con il 21% degli interventi totali. In particolare, le politiche per la salute trovano frequente attuazione attraverso strumenti economici (39%) e infrastrutturali (27%).
Un peso relativamente maggiore dei servizi di consulenza, informazione e tutoraggio (il 43%) si verifica nell’ambito delle politiche per il contrasto alla devianza e la gestione dei conflitti.

Anche le politiche per la scuola mostrano frequente ricorso a strumenti economici (i bonus in primis) e formativi (corsi di aggiornamento e approfondimento); allo stesso modod le politiche abitative, nella gran parte dei casi, offrono infrastrutture residenziali e facilitazioni economiche. Meno frequenti in assoluto sono gli interventi per la mobilità e per il tempo libero (cultura e sport).
Fra le osservazioni, il report segnala che sono pochi i bisogni nuovi rilevati, a parte quello di una più efficiente digitalizzazione. In compenso la pandemia sembra acuire criticità già esistenti e in alcuni casi latenti. In generale la maggiore criticità percepita dagli stakeholder coinvolti è la difficoltà di intercettare, in chiave preventiva, i bisogni non esplicitati

Quanto alle modalità con cui si interviene, il report nota che il privato tende a rivolgersi contemporaneamente a più obiettivi (nel 60% dei casi sono politiche multi-obiettivo, contro il 15% per i soggetti pubblici), utilizzando strumenti diversi (40% contro 17%), con un grado di complessità maggiore rispetto all’azione pubblica.
Su questo aspetto la ricerca segnala che il confronto con gli stakeholder ha evidenziato l’importanza di investire nel rafforzamento di una rete di protezione sociale che coinvolga soggetti di natura diversa (istituzioni pubbliche e private, gruppi organizzati), al fine di mettere in comune informazioni e strategie. Due sono gli elementi fondamentali in questo senso: una programmazione flessibile in grado di adattarsi all’evoluzione delle esigenze dei beneficiari e una presa in carico ad ampio spettro dell’utenza, con una visione a più largo raggio e in qualche modo “olistica” dei bisogni dell’individuo e delle famiglie.

Va anche osservato che se pur la pandemia e le misure di distanziamento sociale abbiano sovraccaricato e ostacolato i servizi causando un indebolimento del sistema, la pressione dell’emergenza ha dato il via a processi di adattamento nella modalità di erogazione dei servizi e stimolato l’attivazione di risorse informali, in primis il volontariato. Tali risorse vanno tesaurizzate, secondo il report.

E’ stato anche analizzato il FFL, il Fattore Famiglia lombardo, sperimentato a partire dal 2018, che prevede complessi criteri di calcolo per introdurre fattori di correzione e integrazione al criterio ISEE. Al proposito, il suggerimento è che l’effettiva capacità di “fare la differenza” rispetto all’ISEE può essere analizzata soltanto con analisi ad hoc e di settore.

La relazione suggerisce anche la necessità di incrementare l’aspetto valutativo che riguarda l’effettivo “funzionamento” delle politiche per comprendere “che cosa realmente è cambiato nelle famiglie dopo l’intervento”.

L’attuazione delle politiche può essere analizzata su base quantitativa, anche con disegni di valutazione che sfruttino il confronto con un gruppo di controllo.
In Italia l'uso rigoroso e pragmatico di questo tipo di valutazione è ancora limitato, si osserva nella relazione, così come il ricorso alle stime degli effetti prodotti per la programmazione. Un buon esempio di questa prassi è rappresentato dall’iniziativa del Consiglio regionale che, nell’ambito del Progetto Capire, ha promosso la valutazione sperimentale di una campagna informativa per il trattamento degli ictus.

Il Comitato paritetico di Controllo e valutazione delle leggi si è dato l’obiettivo di continuare il confronto sull’argomento, coinvolgendo in uno dei prossimi passaggi anche l’Assessore Alessandra Locatelli.