“Fu vera gloria?”: Napoleone Bonaparte e Alessandro Manzoni

La gloria, la ricchezza, il potere a cui tutti aspirano, sono evocazioni fragili e incerte. “Fu vera gloria?” Con questo profondo e meditativo verso, Alessandro Manzoni, nell’ode Il Cinque Maggio mette in risalto non soltanto le circostanze di vanagloria (le battaglie, le imprese eroiche e le sconfitte) ma soprattutto le vittorie spirituali che attraverso la Fede conducono Napoleone Bonaparte ad abbracciare la misericordia di Dio. Convertendosi prima di morire, il condottiero riconosce la grandezza di Dio a cui si arrende e si affida. La neutralità caritatevole sul giudizio di Napoleone che il Manzoni, uomo di fede s’impone, trova ragione proprio nell'interrogazione iniziale “Fu vera gloria?”, per la quale non esiste altro metro di giudizio se non quello della fede che riconduce ogni uomo sul sentiero della divina provvidenza. Manzoni incontrò per la prima volta Napoleone al teatro La Scala e rimase impressionato per l’alone di gloria che circondava la figura del Bonaparte. Manzoni non aveva mai espresso pubbliche opinioni su Napoleone ma, venuto a conoscenza della tragica notizia e della sua conversione in punto di morte, decise di comporre la celebre ode che tutta l’Europa non solo culturale fece propria. Manzoni era ben conscio che la morte di Napoleone avrebbe suscitato negli animi sentimenti contrapposti di odio e amore (d'inestinguibil odio/e d'indomato amor). Si comprende così quanto la morte di Napoleone colpì profondamente il poeta e mentre riflette sulle vicende s'interroga sul significato della vita umana, in particolare per colui che nelle mani sembrava avere il destino del mondo (tutto ei provò) e conobbe più volte la grandezza e la rovina (due volte nella polvere,/due volte sull'altar). Oggi, il manoscritto della prima bozza dell’ode è custodito alla Biblioteca Braidense di Milano. Il Cinque Maggio, per Manzoni, non è solo una retorica poetica sulle vicende napoleoniche; soprattutto è un’ode in memoria dell’uomo, morto in esilio sull’isola di Sant’Elena, preda dei suoi tormenti, giunto al suo tramonto, lontano da tutto e da tutti.