Simone Peterzano trait d’union tra Tiziano e Caravaggio

Con l’esposizione “Tiziano e Caravaggio in Peterzano”, l’Accademia Pinacoteca Carrara di Bergamo rende omaggio alle opere di Simone Peterzano, autore in ombra ai più ma che attraverso i suoi dipinti ha racchiuso molti punti d’incontro e confronto tra due centri nevralgici dell’Italia settentrionale nel XVI secolo, soprattutto nel corso del suo primo periodo artistico a Venezia, prima del suo trasferimento a Milano (1572).

Dal ritrovamento nel 1990 di Venere e cupido con due satiri (Pinacoteca di Brera, Milano) e di Angelica e Medoro (Galerie Canesso, Paris), si è infatti aperta una fase di riscoperta che ha riconosciuto e restituito all’autore la sua elevata statura pittorica.

La mostra, visibile fino al 17 maggio 2020, segue un percorso artistico che dall’origine bergamasca della famiglia (1535) conduce lo spettatore verso una più ampia visione dell’uomo e dell’artista, attraverso la sequenza di 64 opere esposte (di cui 6 inedite) e 27 disegni che ne sottolineano i passaggi artistici cruciali: la formazione veneziana, l’affermazione negli ambienti di Milano e infine l’incontro con il giovane Caravaggio, allievo apprendista alla sua bottega. L’artista di spicco del tardo manierismo lombardo è noto per essere stato il maestro di Caravaggio e allievo a Venezia di Tiziano. L’esposizione è corredata anche da alcune importanti opere di Tiziano (Annunciazione; Resurrezione di Cristo; San Girolamo penitente; Suonatore di organo e Venere con Cupido; Marte, Venere e Amore) e di Caravaggio (Bacchino malato; Concerto).

Simone Peterzano, nella storia della pittura del secondo Cinquecento in Italia settentrionale, è stato riconosciuto dalla critica come fondamentale trait d’union tra le due scuole pittoriche del periodo, veneziana e milanese, e le due eccelse personalità artistiche. Nella mostra sono presenti anche esempi della pittura veneta con autori quali Veronese, Tintoretto, Parrasio Michiel, Bernardino Licinio e Paris Bordon e della pittura lombarda con opere di Antonio Campi, Giovan Ambrogio Figino e Giovanni da Monte. L’evento, attraverso le esperienze che il pittore riuscì a rielaborare, prima a Venezia presso i grandi coloristi e poi a Milano con la pittura naturalista, svela un tratto innovativo dell’autore attraverso nove sezioni artistiche: La formazione la giovinezza di Peterzano sotto la guida di Tiziano; Iconografia della musica; Soggetti erotici; Angelica e Medoro: echi e riflessi letterari; Peterzano e la pratica del disegno; L’arrivo a Milano: le pale per i Barnabiti; La Milano di Carlo Borromeo; L’affermazione lombarda di Peterzano; Michelangelo Merisi da Caravaggio. Sulla scena milanese, Peterzano fece la sua comparsa con gli affreschi della controfacciata della chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore (1573) dove traspare la sua formazione veneta, in particolare con riprese dall'arte di Paolo Veronese e Tintoretto. Nello stesso anno l'artista dipinse due affollate tele con Storie dei Santi Paolo e Barnaba per la chiesa di San Barnaba in Milano, città in cui si trovano molte delle sue opere, tra le quali: la bella Pietà (conservata in San Fedele) e la Pentecoste (nella basilica di Sant'Eufemia). Tra il 1578 e il 1582, l’artista bergamasco eseguì gli affreschi del presbiterio e del coro della Certosa di Garegnano, uno dei vertici della sua arte insieme alla pala Sant'Ambrogio tra i Santi Gervasio e Protasio (1592), un tempo nel Duomo di Milano e oggi conservata alla Pinacoteca Ambrosiana, ultimo atto artistico prima della sua morte, a Milano nel 1599.

L’immagine in alto raffigura la Cena in Emmaus (1560-1565 circa, Olio su tela, Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti); quella in basso Venere e Cupido con due satiri in un paesaggio (1570-1573, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera).