Lavoro: quote rosa a macchia di leopardo in Lombardia

E’ il lavoro femminile la leva che può fare crescere il Paese, aumentando il benessere collettivo e riducendo le diseguaglianze generazionali e la denatalità. E’ questa la sfida che attende la Lombardia, secondo quanto emerso al convegno “Occupazione femminile e maschile in Lombardia”, promosso dalla Consigliera di parità regionale della Lombardia, che si è tenuto questa mattina a Palazzo Pirelli. Durante l’evento è stato presentato il rapporto 2018 di PoliS-Lombardia sulla situazione della presenza maschile e femminile nelle aziende private e pubbliche lombarde con più di cento dipendenti. Un’indagine che ha confermato il permanere di condizioni di svantaggio delle donne nel mercato del lavoro, anche se in un panorama a macchia di leopardo: spiccano, infatti, le oasi felici delle province di Pavia, Lodi e Mantova dove si assiste a una prevalenza di occupazione femminile (rispettivamente 58,1%, 52% e 51,2%), mentre Milano risulta la provincia più virtuosa per quanto riguarda i salari, con un differenziale retributivo tra uomini e donne del 13,6% e una retribuzione di circa 38.531 euro, seguita dalle province di Monza e Brianza (35.315 euro) e Cremona (33.780 euro). Va peggio alle donne che lavorano nelle aziende con sede legale a Brescia e Lecco, dove il gap è rispettivamente del 28% e del 24,7%;

Il lavoro rosa continua, insomma, a essere vittima di condizioni di svantaggio: dal divario salariale a minori opportunità di carriera, da un minor investimento sulla formazione al perdurare di difficoltà nella conciliazione e nella scarsa flessibilità degli orari di lavoro. Tanto che la maggior parte delle donne che decide di affrontare la maternità raramente torna a lavorare dopo il primo anno di vita del figlio. A questi temi è stata dedicata la Tavola rotonda cui hanno partecipato Letizia Mencarini, dell’Università Bocconi e Alessandro Rosina, dell’Università Cattolica che hanno illustrato come in altri Paesi europei è stato affrontato il problema. Grazie a politiche pubbliche costanti, l’occupazione femminile è diventata il perno della crescita economica e demografica, innescando processi virtuosi in tutti i settori della società.     

Per quanto riguarda il quadro delineato dalla ricerca PoliS-Lombardia, e illustrata da Dario Ercolani, ricercatore STAT, al 31 dicembre 2017 risulta che nelle aziende lombarde con più di 100 dipendenti ci fossero oltre 1,5 milioni di occupati con una quota femminile del 44,8%. “La loro presenza – si legge nel rapporto – è inferiore a quella maschile in maniera piuttosto omogenea sul territorio, ma non per quanto riguarda l’ambito di occupazione”. È, infatti, nel settore servizi, dove nel 2017 risultavano impiegati oltre 1,1 milioni di lavoratori, che le donne superano, con il 52,5%, gli uomini.

Per quanto riguarda la retribuzione lorda media questa è pari a 39.684 euro annui: per gli uomini tale importo sale a 43.210 euro e per le donne è di 35.704. I salari più elevati si registrano nei settori industriali. I salari più bassi riguardano i servizi sociali e personali. In agricoltura si misura il divario di genere più elevato tra i dipendenti. Nel complesso, a parità di appartenenza alla stessa categoria professionale – si legge nel rapporto – a imprese dello stesso settore di attività e dislocate nella stessa provincia lombarda, essere dipendente donna è, in termini di retribuzione annua media nel 2017, svantaggioso’ per circa il 18,2% circa rispetto al collega uomo. In generale, tale gap, per individui appartenenti allo stesso settore di attività economica, diminuisce al crescere del livello di qualifica professionale posseduto. Nel settore industriale il differenziale nella categoria operai è del 26,6% e diventa il 13,2% tra i quadri.