Verso le Europee, seconda puntata. Che cosa ha fatto il Parlamento UE

60 sedute annuali in cui discutere, negoziare e approvare insieme al Consiglio dell’Unione Europea i circa 600 provvedimenti adottati negli ultimi 5 anni, per una media annuale di 500 ore d’Aula: sono questi i numeri chiave dell’ottava legislatura del Parlamento Europeo, quella uscente. È la stessa Assemblea che rende noto nel dettaglio quanto è riuscita a produrre tra 2014 e 2018 (e simili scenari dovrebbero proseguire anche nei restanti sette mesi).

Fino ad oggi, gli eurodeputati hanno impiegato oltre 550 ore complessive a vagliare i provvedimenti di Consiglio e Commissione, i due organi comunitari con grandi poteri legislativi; più di 300 ore sono trascorse invece a dibattere le proposte non legislative di propria iniziativa e 170 ore sono state dedicate ai dibattiti a livelli di co-decisione con gli altri organi comunitari.

Tra i provvedimenti adottati in maniera definitiva, molti hanno riguardato da vicino la vita dei cittadini europei, come il GDPR (riforma del trattamento dei dati personali), il recentissimo riordino in materia di copyright, la fine dell’era roaming in tutta Europa, il divieto all’uso indiscriminato di sacchetti di plastica e il registro comune dei passeggeri per le compagnie di volo, ai fini di sicurezza e di contrasto al terrorismo internazionale. Nel corso del quinquennio, poi, l’Eurocamera si è più volte pronunciata anche per l’adozione o il rinforzo di normative al di fuori delle proprie competenze (gli accordi di Parigi sul clima, norme per “allungare la vita” ai prodotti commerciali, prezzi più giusti per gli agricoltori) e, quando sono emersi scandali o abusi di vasta eco internazionale, ha nominato commissioni speciali d’indagine: si ricorderanno lo scandalo Dieselgate e quello dei cosiddetti “Panama Papers”, per esempio.

Gli Eurodeputati hanno poi seguito le negoziazioni della Commissione su Brexit e su alcuni trattati internazionali, come CETA (tra UE e Canada) e TTIP (con gli Stati Uniti d’America). 6400 è invece il numero di petizioni arrivate in Parlamento da parte dei cittadini sin da luglio 2014: l’Ente ha poi fatto da mediatore nella risoluzione degli specifici problemi tra i richiedenti e gli Stati membri. Nel lustro che volge al termine, infine, il Parlamento ha ospitato numerose sedute formali in occasione di visite ufficiali, come quella di Papa Francesco nel 2014, di Ban-Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite fino al 2016, e del suo immediato successore, Antonio Guterres (tra i capi di Stato che hanno visitato l’emiciclo anche Sergio Mattarella, nel 2015).

Tuttavia, c’è lavoro da fare anche nei mesi che ci separano dalle elezioni: il Parlamento dovrà valutare oltre 300 proposte, inclusi 46 dossier sul quadro economico pluriennale. Su tutti spicca la chiusura dei negoziati con il Regno Unito (fuori dall’Unione a partire dal 29 marzo 2019), ma sul tavolo ci sono anche la riforma del Regolamento di Dublino, misure per la qualità dell’acqua potabile e per l’efficienza energetica, il miglioramento delle condizioni di lavoro e dell’equilibrio vita-lavoro nelle famiglie, il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e l’aggiornamento della normativa a protezione dei consumatori.

Sulla scia di questi interventi, si comprende il crescente supporto dei cittadini al progetto europeo confermato dall’ultima indagine dell’Eurobarometro (pubblicata a un anno dalle elezioni): sebbene in Italia solo il 39% si dica convinto europeista, mentre il 17% è contrario all’Unione e il restante 44% è sospeso tra il “non so” e un giudizio altalenante in merito ai singoli temi, il 60% degli “europei” intervistati anche negli altri Paesi crede che la partecipazione del proprio Stato all’Unione sia in fin dei conti un elemento positivo e due terzi di essi ritengono di aver beneficiato dall’essere dentro l’UE.

Dario Romano