Si avvicinano le prossime elezioni europee: dal 23 al 26 maggio 2019 tutti i cittadini dei 27 Paesi dell'Unione saranno chiamati a rinnovare i rappresentanti del Parlamento Europeo, l'unica istituzione comunitaria a elezione diretta. Si preannuncia una consultazione di notevole importanza, data la rilevanza ormai continentale assunta dalle scelte macroeconomiche di Bruxelles, dalle decisioni che influenzano le politiche nazionali e dalla crisi della rappresentatività democratica. Quella della prossima primavera sarà la nona tornata elettorale – la prima dopo l'uscita del Regno Unito – in oltre 60 anni di storia di questo Ente.
Il Parlamento Europeo, infatti, è nato nel 1958, ma solo dal 1979 i suoi componenti sono eletti direttamente dai cittadini e non più nominati dai (e tra i) parlamentari nazionali. Con i suoi 750 deputati, suddivisi nel numero sulla base della popolazione residente dei singoli Paesi ma raggruppati in Aula per affinità politica, l'Europarlamento è la più grande assemblea parlamentare al mondo suffragata da uno dei più vasti elettorati democratici a carattere trans-nazionale. Tuttavia, la percentuale di aventi diritto che prendono parte alle elezioni costituisce ormai da due decenni un imbarazzante vulnus democratico per le istituzioni comunitarie, che si va a sommare ai già ridotti poteri decisionali di quest'organo.
Alle ultime elezioni, nel 2014, l'affluenza generale si è fermata al 42,5% (in Italia poco più del 57%), con “abissi” di partecipazione in Croazia (18,2%), ultima arrivata nella casa a dodici stelle, e in Slovacchia (13%). Facevano eccezione i Paesi sede del Parlamento: in Belgio, dove si trova uno dei due emicicli del Parlamento e dove si svolgono le riunioni delle commissioni parlamentari (oltre a essere il quartier generale dell'intera Unione) è stato sfiorato il 90% e in Lussemburgo, sede del Segretariato Generale, si è andati ben oltre l'85%. La Francia, che pure conserva gelosamente la sede principale dell'Assemblea a Strasburgo, non ha però brillato in fedeltà: affluenza al 42,4%, di fatto in linea con la media.
Eppure – va ribadito – il Parlamento Europeo è l'unica istituzione in grado di esprimere direttamente la voce dei cittadini: le altre due, il Consiglio dell'Unione Europea e la Commissione sono organi non eletti ma con molti più poteri decisionali, composti l'uno dai Capi di Stato o di Governo e l'altro da figure tecniche da loro nominate. I futuri eurodeputati svolgeranno un ruolo fondamentale in pochi ma importanti casi: approvazione o rifiuto della nomina della nuova Commissione e del suo Presidente, controllo politico delle loro attività e approvazione del bilancio dell'UE, tutti poteri acquisiti col tempo, dopo quel lungo periodo in cui – come detto – quest'Assemblea ha conservato solo finalità consultive.
Ogni Stato membro ha già definito in quali e per quanti giorni mantenere aperte le urne sul proprio territorio (sempre all'interno della finestra temporale comune), così come le proprie modalità di scrutinio: non esiste quindi una procedura comune a tutti i Paesi, ma ovunque vanno garantiti la parità di genere tra candidati, la segretezza del voto e il sistema proporzionale. In Italia le elezioni si svolgeranno nella sola giornata di domenica 25 maggio, dalle 7 alle 23, ma per lo spoglio bisognerà attendere la chiusura delle urne anche negli altri Paesi. Solo il 26 maggio, dunque, conosceremo i nomi dei nostri 73 rappresentanti, 20 dei quali eletti dai 15 milioni di cittadini di Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia, la circoscrizione numero 1.
Dario Romano