Cambiano, in Lombardia, le procedure per l'istituzione di nuove realtà comunali attraverso la fusione e per la modifica del nome o dei confini circoscrizionali. Il Consiglio regionale ha approvato con 48 voti a favore, 16 contrari e 3 astenuti la legge di revisione delle norme vigenti (relatore il consigliere Carlo Malvezzi, FI) con l’obiettivo di “garantire una maggiore chiarezza durante la varie fasi procedurali, valorizzare la partecipazione popolare alle scelte territoriali, culturali e sociali e razionalizzare l'attività del Consiglio regionale, anticipando il referendum consultivo rispetto all'azione legislativa come invece avviene ora”.
Con le nuove procedure, i Comuni interessati a intraprendere una delle iniziative al centro della legge, potranno avviare l’iter attraverso una delibera di Consiglio comunale. La legge approvata oggi prevede, in caso di volontà di fusione tra due o più enti, una fase preliminare di confronto tra le Amministrazioni comunali coinvolte, i cittadini, le parti sociali e quelle economiche presenti sul territorio. Attività che deve durare almeno 60 giorni rendendo noti i contenuti del progetto sia attraverso il sito web del Comune che attraverso i consueti canali istituzionali (affissioni, comunicazioni alla cittadinanza, assemblee pubbliche).
Alla luce delle osservazioni pervenute nei 60 giorni di pubblicazione del progetto di fusione, per la modifica del nome o dei confini circoscrizionali, i Comuni approvano eventuali controdeduzioni oppure, qualora prevalga l'orientamento contrario della popolazione, sarà necessario interrompere il procedimento. Solo se l'orientamento della popolazione dovesse risultare favorevole, sarà indetto il referendum consultivo, sulla base di specifiche linee regionali.
Il progetto e l'esito finale della consultazione referendaria saranno poi inviati al Presidente della Giunta regionale che predispone il relativo progetto di legge da inviare al Consiglio regionale.
Gli emendamenti e l'ordine del giorno. Al testo del progetto di legge sono stati presentati una serie di emendamenti ed un ordine del giorno. Con il voto contrario della Lega Nord sono stati approvati tre emendamenti tecnici a firma del relatore tra cui quelli riferiti alle spese per l'effettuazione dei referendum consultivi comunali e la consultazione per popolazioni non superiori a cinquanta residenti. Respinti due emendamenti a firma Massimiliano Romeo (Lega Nord) che chiedevano che le spese per i referendum consultivi fossero a carico dei Comuni; due del Partito Democratico (primo firmatario Fabio Pizzul) sui termini e le modalità dell'entrata in vigore delle nuove procedure; due soppressivi di alcuni aspetti Roberto Bruni (Patto Civico). Approvato infine un ordine del giorno del Partito Democratico (primo firmatario Fabio Pizzul) per consentire ai Comuni che ad oggi abbiano già formalmente iniziato l'iter di fusione di completare il percorso legislativo entro il 2018, in modo tale da poter eleggere i nuovi Consigli comunali nella tornata amministrativa del 2019.
Dichiarazioni di voto. In fase di dichiarazione di voto Massimiliano Romeo (Lega Nord), ha evidenziato che “la Lega è contraria a fusioni che non è detto portino a risparmi mentre è sempre stata favorevole al principio dell'unione dei servizi tra Comuni. Questa legge l'abbiamo sempre criticata, è sbagliato cancellare l'identità dei territori e delle persone”. A favore della legge si sono dichiarati Roberto Bruni (Patto Civico), Fabio Pizzul (PD), Annalisa Baroni (Forza Italia) e il Consigliere Segretario Eugenio Casalino (M5S). Stefano Bruno Galli (Lista Maroni), lasciando libertà di voto ai consiglieri del proprio gruppo, personalmente si è astenuto in quanto “la legge contiene punti interessanti ma i referendum consultivi per le fusioni sono spesso strumentalizzati a livello locale e le unioni sono il catafalco della democrazia”. Voto di astensione anche da parte di Fratelli d'Italia perchè “siamo d'accordo con il principio delle fusioni e semplificare è condivisibile – ha detto Riccardo De Corato – ma Regione Lombardia non deve assumersi l'onere dei costi di referendum che tante volte non si sa come vanno a finire”.