O le acquisti o speri di starci lontano. Parco della Vittoria e Viale dei Giardini sono le tappe di lusso da cui stare alla larga coi dadi.
Tra case, alberghi, aste, probabilità, imprevisti e una sosta in prigione, il Monopoli compie 90 anni: venduto in oltre cento paesi, tradotto in più di 37 lingue e con il record assoluto per numero di persone che ci hanno giocato.
Era il 7 marzo del 1933 quando venne presentato la prima volta. Mai, in quasi un secolo di storia, è finito nel cassetto, impolverato tra gli oggetti vintage. Complice anche l’evoluzione economica, urbanistica e sociale, il Monopoli ha camminato al passo coi tempi, accompagnando le generazioni e rifacendosi il look così frequentemente da farci perdere il conto se volessimo elencare tutte le edizioni pubblicate: ispirate a film, videogiochi e personaggi Disney, quelle celebrative e quelle in edizione limitata.
Cambia l’abito ma non lo scopo: conquistare il monopolio. Una strana circostanza del caso, questa, se si pensa che a inventarlo, all’indomani del crollo di Wall Street e ispirandosi a una più antica versione mossa però da intenti anticapitalisti, non fu un imprenditore, piuttosto un disoccupato che diventò milionario dopo aver ideato il gioco, nel quale vittoria o bancarotta erano legati al capriccio del tiro di un dado.
Brevettato nel 1935, in Italia arrivò nell’estate del 1936 grazie all’interessamento dell’imprenditore milanese Emilio Ceretti, fondatore dell’Editrice giochi, sollecitato a sua volta da Arnoldo Mondadori, che aveva ricevuto una proposta di acquisto del gioco da parte dell’americana Parker Brothers.
Pronunciato Monòpoli e non Monopòli, come sarebbe stato più linguisticamente corretto, enfatizzando la seconda "o" sdrucciola per evitare errori di pronuncia e quindi censure, il gioco da tavolo fece impazzire le famiglie milanesi tanto da indurre l’allora direzione del Corriere della Sera a dedicargli un articolo nello spazio più prestigioso, la Terza Pagina, quella della cultura. L’entusiasmo per il nuovo gioco era alle stelle e per imparare a giostrarsi sul tabellone, gestendo al meglio i propri “affari”, la gente si accalcava fuori da “La Rinascente” di Milano, dove all’interno venivano organizzate dimostrazioni di gioco.
Una dinamica semplice ma spietata. Si comincia con la distribuzione dei soldi di carta (per tutti i giocatori la stessa somma), si procede con l’asta dei terreni e così via con la costruzione di case e alberghi e l’incasso delle rendite da parte degli avversari. Bisogna ragionare da imprenditori, essere attenti a spendere bene e a non farsi prendere la mano. Da un momento all’altro può saltare fuori una spesa imprevista: il compleanno, il notaio, il matrimonio. Il fallimento è dietro l’angolo: se i soldi, sia pure di carta, non bastano, la banca ipoteca tutto e a volte saltare un turno di gioco, capitando in prigione, può trasformarsi in una boccata di ossigeno.
Già il milanese Ceretti, quando pubblicò la prima edizione italiana, si fece guidare dall’idea divertente di cambiare i nomi delle strade sul tabellone, prendendo in prestito la toponomastica del capoluogo: via Monterosa, via Dante, piazzale Giulio Cesare, viale Traiano. Non si potevano però immaginare tutte le idee geniali che, negli anni a venire, avrebbero circondato il gioco, probabilmente l’unico a vantare così tante edizioni in commercio. Cambiando la lettera finale, una Y al posto della I (Monopoly invece di Monopoli), esordisce la versione della Lombardia, dove scorrono le immagini dei piccoli “borghi” della nostra regione, quella milanese, che introduce il biglietto dell’autobus e tra i segnalini ci sono il cane e il gatto al posto dei tradizionali candelabro e fiaschetto. Il giocatore passa dalla periferia al centro, attraversa i quartieri storici di Brera e Porta Genova, può costruire un grattacielo in City Life o accontentarsi di qualcosa di più economico a Rozzano o Sesto San Giovanni.
Da Milano a Bergamo e Brescia il passo è stato breve.
Strizza l’occhio all’originale, la versione dialettale tutta varesotta “Va a Lavurà”, che richiama, già nel nome, la vocazione produttiva del territorio e riproduce elementi paesaggistici, naturali, tradizionali e culturali della provincia di Varese.
Nel 2018 debutta l’edizione dell’imbroglio e nel 2020 quella che consegna a ciascun giocatore anche una carta di credito. Cats vs Dog, invece, viene pensato per i più piccoli: si gioca a squadre e si può scegliere di puntare sul gatto o sul cane e, anziché proprietà, si rivendicano titoli buffi per il proprio animale domestico.
Più raro, e forse pochi sanno che esiste, è il Monopoly neroazzurro: obiettivo, in un momento in cui peraltro è sempre più incerto il futuro del Meazza, è quello di costruire il nuovo stadio per l’Inter e vincere la partita. Anche qui bisogna scegliere la pedina e provare ad accumulare fortune. E anche qui non c’è da stare tranquilli: tasse, carcere e bancarotta sono sempre dietro l’angolo!