26 gennaio 1943: gli Alpini della Tridentina sfondano l’accerchiamento dell’Armata Rossa nella sacca di Nikolaevka e permettono ai resti dell’Armir (l’armata inviata sul fronte russo) di riprendere il cammino verso casa. Una marcia a quaranta gradi sottozero di soldati sempre più provati, feriti o moribondi, mandati allo sbaraglio da un regime criminale: erano oltre 61 mila all’inizio della ritirata, sono rimasti in 13 mila e 400 dopo l’ultimo degli undici combattimenti affrontati dalla colonna. Tra di loro alcuni che ci hanno tramandato i tanti episodi di quei giorni con le enormi sofferenze dei commilitoni: Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi, don Carlo Gnocchi, Eugenio Corti e Nuto Revelli. “Intanto fra noi, tra le nostre figure immobili e chine -ha scritto Eugenio Corti in ‘I più non ritornano’- c’era quel freddo. Che continuava a farci soffrire in modo indicibile. Finii, un po’ alla volta, col non sentirmi più un’unità ben distinta, a me stante: no, ero un atomo dell’Umanità che soffriva, una piccolissima parte dello sterminato dolore umano”. I ricordi e i diari della ritirata hanno sempre mantenuto viva la memoria di quella tragica epopea e ora, a ottant’anni di distanza, per la prima volta il sacrificio degli Alpini viene celebrato anche attraverso l’istituzione della Giornata nazionale della memoria, prevista ogni 26 gennaio dalla legge 44 del 5 maggio 2022, approvata dal Parlamento all’unanimità. Una ricorrenza riferita a una storia di guerra e che tuttavia, soprattutto alla luce di un mondo dilaniato da continui e nuovi eventi bellici, vuole essere lo spunto per un messaggio di pace. In occasione di tale celebrazione sono previsti eventi in tutta la Lombardia. A Brescia, in particolare, si svolgerà un raduno di ottomila penne nere, mentre in diverse città si terrà la proiezione del film di Alessandro Garilli “La seconda via”, tratto dai racconti (rigorosamente reali) di Nelson Cenci, sottotenente alpino nel ‘43, scomparso undici anni fa e a lungo primario ospedaliero a Varese, che era solito accompagnare il ricordo della tragedia dell’Armir con queste parole: “Ora resta solo una grande aspirazione di amore e l’obbligo di raccontare”. Reduci della Tridentina, che in gran parte era composta da bresciani e bergamaschi, ormai ce ne sono pochi, ma la volontà di fare memoria negli anni è sempre stata tenuta viva da tutti i 4300 gruppi alpini sparsi per l’Italia. A Varese, per esempio, ogni 26 gennaio gli Alpini organizzano una fiaccolata al Sacro Monte. E a Sirmione, nello stesso giorno, si svolge sempre una cerimonia presso il monumento dedicato alla battaglia di Nikolaevka. Ora, a ottant’anni di distanza, l’istituzione della Giornata nazionale rafforza e unisce le iniziative di commemorazione e consegna alle generazioni presenti e future una storia da non ripetere. “Proprio nei giorni scorsi -ha detto Sebastiano Favero, presidente nazionale dell’Associazione nazionale Alpini, – ho parlato con alcuni degli ultimi reduci di Russia, ormai quasi centenari, che mi hanno trasmesso la grande amarezza di rivedere, proprio in quei luoghi, immagini di guerra, morte e distruzione. Con i nostri alpini, però, ci stiamo già muovendo, raccogliendo fondi nella speranza che la pace arrivi presto così da poter intervenire in aiuto della popolazione”. Ed è bello ricordare che nel nome del sacrificio di Nikolaevka sono sorte strutture d’assistenza e con scopi socio sanitari sia in Italia che in Russia. Esempi di amicizia e di fratellanza oggi purtroppo interrotte.
- 25 Gennaio, 2023
- 12:00 am
- Categorie: Lombardia Quotidiano