La macchina del caffè espresso, una storia “milanese” nata 121 anni fa

E’ la bevanda calda più consumata dagli italiani e nasce dal processo di torrefazione e macinazione dei suoi chicchi: il caffè espresso. Al bar come a casa, è un rito tutto italiano che il più delle volte scandisce l’inizio della giornata e la fine dei pasti.
Il caffè, la merce più scambiata, seconda sola ai prodotti petroliferi, sbarcò per la prima volta a Venezia alla fine del 1500 tra i pregiudizi di chi la definiva una bevanda sacrilega perché proveniente dalla penisola arabica. A “legalizzarlo” agli inizi del 600 ci pensò Papa Clemente VIII, che assaggiandolo lo ritenne troppo buono per essere esclusivamente consumato dagli “infedeli”.
Il caffè, col suo aroma inconfondibile e inizialmente molto costoso, si è diffuso prima in Europa per poi conquistare le Americhe e oggi accompagna i momenti vissuti in famiglia e in ufficio: berlo in compagnia e offrirlo agli ospiti è una tradizione che si tramanda da generazioni.
Quello che non si sospetta però è che la storia dell’espresso è tutta milanese, visto che la prima macchina venne brevettata 121 anni fa, il 19 novembre del 1901, dall’ingegnere meneghino Luigi Bezzera, già produttore di liquori, gassose e seltz.
Tornando un po’ indietro, nella Torino di fine Ottocento, Angelo Moriondo ne progettò un esemplare senza però mai promuoverlo e metterlo in commercio. Fu invece Bezzera a riprendere quell’idea, perfezionarla, brevettarla e presentarla alla stampa: il suo prodotto avrebbe successivamente cambiato le abitudini delle persone e il lavoro dei baristi.
A sviluppare il brevetto e a commercializzare la macchina del caffè “veloce”, ribattezzata “Ideale”, ci pensò poi un altro milanese, Desiderio Pavoni, patron dell’omonima azienda. Nel 1906 la nuova creazione esordiva da star alla prima Fiera Internazionale di Milano.
Ancora lontani dal caffè espresso che conosciamo oggi, la prima rivoluzione arrivò nel 1938 grazie al barista Achille Gaggia, che superò il sistema a vapore introducendo quello a pressione. Nove anni più tardi avrebbe debuttato il caffè espresso con la crema: nei bar più eleganti di corso Vittorio Emanuele di Milano si faceva la fila per assaggiare quello che sarebbe diventato il caratteristico caffè all’italiana.
Attorno agli anni 50 entrò in scena anche Carlo Ernesto Valente, altro imprenditore meneghino, proprietario di un laboratorio di caschi per parrucchiere: dapprima mise a disposizione la propria azienda per realizzare la macchina “Classica” di Gaggia per poi decidere di produrne una sua propria, la Faema.
Fioccavano brevetti e le grandi aziende cominciavano a produrre modelli sempre più accessibili al grande pubblico ed esteticamente belli, veri e propri oggetti di design. L’artista milanese Bruno Munari, sostenitore che non ci potessero essere “cose belle da guardare e cose brutte da usare”, progettò nel 1956 insieme a Enzo Mari la “Pavoni modello Concorso” definita “Diamante”. Un altro pezzo di storia è la Cimbali Pitagora dei fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni, vincitrice del Compasso d’Oro, il più antico e autorevole concorso mondiale di design. Neppure Gio Ponti, padre del Grattacielo Pirelli, rinunciò a dedicarsi alla macchina per il caffè istantaneo e disegnò nel 1948 “La Cornuta”, la prima con caldaia orizzontale, che con le sue linee sinuose ed eleganti fece bella mostra di sé sui banconi dei bar e in moltissime fiere.
Si arriva ai giorni nostri. L’abitudine a bere il caffè, emblema del made in Italy, entra nelle case trasformandosi in un gesto quotidiano a metà tra cultura, gusto e condivisione: nascono le macchine domestiche capaci di riprodurre non solo l’espresso ma anche il cappuccino, altro simbolo dell’italian style.
Ne vengono realizzate di tutti i tipi e per tutti i gusti: macchine dalle forme moderne o vintage, quelle che usano il caffè macinato o le più pratiche cialde e capsule. Oggi, colorato e pubblicizzato da personaggi del cinema e della tv, è un elettrodomestico che arreda la cucina, che riprende in piccolo quello dei bar e che difficilmente manca perché è una buona scusa per stare in compagnia, una vera e propria coccola da regalare e regalarsi.