A Palazzo Pirelli l’iniziativa “Come si racconta la mafia”

Si è svolto all'Auditorium Gaber davanti ad una numerosa platea di rappresentanti del mondo dell'editoria e di studenti di scuole secondarie con indirizzo in comunicazione il seminario "Come si racconta la Mafia" organizzato dalla Commissione speciale “Antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità e rivolto agli operatori del settore editoria e produzioni, anche digitali.

L’iniziativa è stata realizzata in sinergia con l’Università degli Studi dell’Insubria e con l’Associazione Stampo Antimafioso.

Obiettivo principale è quello di interrogarsi rispetto alle modalità con cui finora la produzione artistica italiana ha raccontato il fenomeno mafioso. Quale patrimonio conoscitivo abbiamo consolidato rispetto a questa questione? Ci sono dei riferimenti univoci tra le molte rappresentazioni e i diversi stili narrativi? Esiste una correlazione che lega la nostra capacità di raccontare la mafia ai non addetti ai lavori con il successo delle azioni preventive e repressive verso le organizzazioni? Possiamo in questo senso contribuire ulteriormente?

Partendo da questi interrogativi il giornalista Gianluigi Nuzzi ha moderato la discussione avvalendosi di tre casi scuola, di cui parleranno gli autori e/o gli ideatori:

  • Il romanzo “Crimine Infinito di Cristiano Barbarossa e Fulvio Benelli, edito nel 2021 da Fandango
  • La serie televisiva “Il Cacciatore di Marcello Izzo, Silvia Ebreul, Alfonso Sabella, prodotta da RAI Serie dal 2018 al 2021
  • Le graphic novel “Brancaccio e “Per questo mi chiamo Giovanni” di Claudio Stassi, editi da Bao Publishing nel 2016 e da Rizzoli nel 2019 

Sono stati coinvolti l’Istituto Alessandrini di Abbiategrasso, l’Istituto Einaudi di Magenta, l’Istituto Meroni di Lissone e la Scuola di Cinema Luchino Visconti.

La Presidente della Commissione Antimafia Monica Forte ha così chiuso i lavori: “Abbiamo creduto molto in questo momento di incontro -spiega Monica Fortee siamo convinti che discutere di come stiamo raccontando il fenomeno mafioso, e di quanto questo incida nella coscienza collettiva e nell’opinione pubblica, possa essere un’ottima occasione di confronto e di sviluppo delle idee, specie tra gli operatori del settore comunicazione e tra coloro che studiano per operarvi in futuro”