Martedì 18 febbraio 1992 nelle pagine delle cronache milanesi dei quotidiani si possono leggere articoli che informano dell’arresto di Mario Chiesa, il presidente del Pio Albergo Trivulzio, “in manette per bustarelle”. Molti particolari non si conoscono ancora, verranno resi noti il giorno successivo. Chiesa, ingegnere, 47 anni, era caduto nella trappola preparata da un imprenditore insieme ai Carabinieri ed era stato colto con le mani nel sacco. Stava infatti intascando la prima metà di una tangente di 14 milioni, che peraltro provò a eliminare buttando le mazzette nel water. Per buona parte del mondo politico fu un fulmine a ciel (quasi) sereno, da rubricare però tra i fatti destinati a finire nel dimenticatoio. Il Presidente Cossiga aveva sciolto le Camere il 2 febbraio e le attenzioni erano tutte rivolte alle elezioni politiche del 5 e 6 aprile: l’episodio che riguardava l’arrestato appariva come un fatto locale, del tutto marginale. Se non che, sebbene venisse prima sospeso e poi espulso dal partito e definito da Bettino Craxi semplicemente un “mariuolo”, Chiesa divenne in poco tempo il primo politico di una lunghissima serie a finire nel mirino della Procura milanese e di Mani Pulite, l’inchiesta che cambiò la storia d’Italia. Quel 17 febbraio 1992, trent’anni fa, alle 17.30 -ora dell’arresto del presidente della Baggina-, fu infatti l’inizio della fine della Prima Repubblica, franata sotto i colpi di maglio di un pool inquirente che andava scoprendo gli effetti della collusione illegale da tempo ramificata tra politici e imprenditori. Un’azione condotta a gran ritmo, giorno e notte, e a tratti spinta da un furore eccessivo, che moltiplicava gli arresti, mieteva vittime colpevoli e innocenti, si lasciava alle spalle persino suicidi, rovinava e creava carriere.
A distanza di anni il giudizio su quel periodo storico divide ancora. E non sono mancate e non mancano le piroette, che hanno riguardato gli stessi PM. “Non valeva la pena – ha detto nel 2011 il capo della procura Saverio Borrelli- buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Certo non è compito della magistratura creare una società nuova e immacolata, come auspicavano i moltissimi che gioivano per gli ordini di cattura, e del resto nemmeno la “rivoluzione” del ’92 con le sue 1300 condanne si è trasformata in una palingenesi. Tanti problemi sono rimasti e anzi altri se ne sono presentati. Il crollo di Tangentopoli, regno di ipocrisie e di connivenze illegali, fu brusco e doloroso, ma oggi dovrebbe essere chiaro a tutti -alla luce degli esiti di quella fase storica- che la strada verso la costruzione del bene comune e della convivenza civile non può mai essere data per scontata, deve essere costruita nella responsabilità di ciascuno, a partire da chi ha cariche istituzionali, e soprattutto non deve essere demandata all’iniziativa del giustiziere di turno. Così come si dovrebbe riconoscere che è importante guardare al passato sapendo che in esso c’è del chiaro e dello scuro e non tutto deve essere ripudiato, ma anzi è necessario anche in politica evitare pratiche o atteggiamenti distruttivi.
Tornando alla storia, dopo l’arresto di Chiesa (che per la cronaca poco prima venne ricevuto in audizione nella Commissione Sanità del Consiglio regionale per illustrare la situazione del Trivulzio) anche Regione Lombardia -messa in crisi per sei mesi per la caduta della giunta Giovenzana formata dopo le elezioni del ‘92- fu teatro di un cambio di scenario epocale, con la prima e finora unica donna arrivata alla presidenza: Fiorella Ghilardotti, ex sindacalista eletta col PCI poi PDS e nominata a capo di una Giunta di minoranza con il sostegno esterno di DC e PSI, partiti distrutti dal ciclone di mani Pulite che colpì molti politici con cariche in Regione. La Regione fu rosa-verde fino a metà 1994, quando venne insediato alla presidenza Paolo Arrigoni, il primo presidente leghista della Lombardia. Nel frattempo la Seconda Repubblica era già iniziata, con l’affermazione elettorale di Forza Italia e Berlusconi premier, mentre di lì a un anno Roberto Formigoni sarebbe stato eletto per prima volta presidente della Regione. Sistema politico e istituzioni stavano cominciando a fare i conti con le novità sostanziali dell’elezione diretta e del sistema maggioritario e con un’organizzazione dove al posto dei partiti (strutturati con tessere, sezioni e congressi) primeggiano le figure dei leader, alla cui ascesa contribuisce in modo determinante il sistema mediatico.