Ai più, forse, il cognome Golgi risulta del tutto sconosciuto. In Lombardia lo ricordano il suo paese natale – Còrteno Golgi – oltre a un sentiero fitness lungo l’antica via Valeriana; oppure lo si trova associato a una sigla – “ASP” (Azienda servizi alla persona) Golgi-Radaelli, una delle più antiche istituzioni milanesi e lombarde per la cura degli anziani. Eppure, il suo nome scorre sotto la nostra pelle: grazie alla sua passione scientifica, alla scrupolosa osservazione al microscopio delle più piccole parti delle cellule nervose a lui si deve la scoperta di diversi importanti apparati anatomici, invisibili ad occhio nudo, che figurano nei libri di testo di medicina e biologia (gli organi muscolo-tendinei di Golgi, i corpuscoli di Golgi-Mazzoni, gli imbuti cornei di Golgi-Rezzonico, i canalicoli di Müller Golgi delle cellule dello stomaco).
E, infatti, Camillo Golgi è davvero stato uno dei cervelli più capaci della Lombardia e dell’Italia: nato a Pisogneto, una frazione di Còrteno, un piccolo paese in provincia di Brescia, il 7 luglio 1843, ad appena 22 anni si laureò in Medicina all’Università di Pavia. Fu il primo italiano a essere nominato Premio Nobel, nel 1906, anticipando di qualche settimana Giosuè Carducci; per alti meriti scientifici venne nominato Senatore del Regno d’Italia, impegnandosi a favore della politica universitaria. Ma soprattutto dedicò la sua vita a tanta, tanta ricerca applicata, sfociata in un’importante scuola scientifica, che portò gli studi medici e biologici italiani a un altro premio Nobel, Rita Levi Montalcini. Gli studi di Golgi sulla “Reazione Nera”, una scoperta formidabile che fornì la chiave per decifrare, come una ‘stele di Rosetta’, la scatola nera encefalica, costituiscono una pietra miliare nella storia della scienza umana. Senza di lui non ci sarebbero stati nemmeno gli ottimi risultati nella lotta contro la malaria.
La sua vita, tuttavia, fu sempre piena di ostacoli e di difficoltà: ad esempio quando nel 1872 dovette abbandonare i laboratori dell’Università di Pavia, dove si era laureato sotto Cesare Lombroso – altro luminare, padre della moderna criminologia – per assumere la carica di primario delle Pie case degli Incurabili di Abbiategrasso. Si trattava di un istituto voluto dal piano di riforma del sistema assistenziale di Giuseppe II e riservata a individui privi di mezzi di sostentamento e afflitti da “malattie schiffose ed incurabili”, che non potevano essere assistiti nelle proprie case o negli ospedali ordinari. Un incarico che richiedeva un bagno di umiltà e di umanità e che escludeva ogni attività di ricerca. Fu così che per ovviare alla carenza strutturale, Golgi si dovette ingegnare per allestire un rudimentale laboratorio nella cucina del suo appartamento abbiatense. E lì, un po’ per caso un po’ per geniale intuizione, mise insieme una sorta di magica ricetta (acido osmico, prima; soluzione di bicromato di potassio e, in successione, nitrato d’argento, poi) per rendere visibile al microscopio il reticolo delle cellule e delle fibre nervose “senza indurre alterazioni di forma e di rapporto degli elementi, indura in poche ore i tessuti, colorando altresì in nero intenso il grasso e le fibre nervose, ed in bruno più o meno carico, gli altri elementi”. Si chiamò “Reazione nera” perché l'impregnazione determinava una colorazione scura del neurone e dei suoi organuli.
Annunciata per la prima volta nel 1873 sulla Gazzetta Medica Italiana-Lombarda, la scoperta della “Reazione nera” non gli valse da subito la fama che meritava. Ancora nel 1906, quando gli venne conferito il Nobel, il premio venne infatti assegnato a parimerito, ma non senza polemica, a un altro scienziato, suo antagonista, lo spagnolo Santiago Ramòn y Cajal, che aveva portato avanti gli esperimenti stabilendo la struttura e funzione del neurone.
Oltre che medico illuminato, fu membro di decine di accademie e società scientifiche in tutto il mondo e ottenne diverse lauree honoris causa nelle più prestigiose università estere, da Cambridge a Ginevra, da Atene, a Oslo alla Sorbona di Parigi. Per i suoi alti meriti scientifici il Re Umberto I lo nominò Senatore del Regno d’Italia, divenendo prima membro e poi Presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Si interessò anche dell’amministrazione pubblica della sua città: fu, infatti, assessore all'Igiene nel Comune di Pavia, come rappresentante della lista dell'Unione Liberale Monarchica, schieramento clerico-moderata sostenuta dal giornale 'Il Ticino'. Tra gli altri impegni politici per lo sviluppo della sua terra d’origine, si ricorda anche la sua adesione al comitato per la costruzione della ferrovia Edolo-Aprica-Tirano.
Fu più volte Rettore dell’Università di Pavia, dove a lui è dedicata una sala del Museo. A lui si deve la nuova struttura del policlinico San Matteo. Golgi morì il 21 gennaio 1926 a Pavia, dove è sepolto accanto alle tombe di Bartolomeo Panizza, suo professore, e Adelchi Negri, suo brillante allievo.