“Ha saputo raccontare la sua terra, la ‘bassa’, così come la grande Milano, attraverso la gente ‘normale’. Posti dove i ‘potenti’ ci sono, ma rimangono sullo sfondo, mentre in primo piano viene posta la ‘normalità’ quotidiana. Questo lo ha reso un grande scrittore, distinguendolo da chi è ‘di moda’”. E’ nell’intervento di Giorgio Vittadini, Presidente del Comitato celebrazioni guareschiane 2018, il ‘fil rouge’ del convegno che si è tenuto questa mattina alla Sala Gonfalone del Consiglio regionale della Lombardia, nell’anniversario della scomparsa, avvenuta nel 1968, di Giovannino Guareschi, il “papà” di Don Camillo e Peppone, al quale è dedicata anche la mostra aperta allo Spazio Eventi del Pirellone fino al 27 luglio.
Un messaggio valido anche oggi – Lo stretto rapporto fra la celebre penna del ‘Candido’ e la Lombardia, e in particolare Milano, dove ha vissuto per diversi anni insieme alla famiglia, ma soprattutto l’attualità del messaggio della sua ampia produzione letteraria e giornalistica, sono stati al centro dei diversi interventi, aperti dal saluto del Vicepresidente dell’Assemblea regionale Carlo Borghetti, che soffermandosi sui due personaggi più conosciuti, il Parroco e il sindaco comunista di Brescello, ha osservato come quella “forte contrapposizione che li distingueva, unita alla capacità di trovare comunque un modo per dialogare e fare sintesi per un bene comune”, non rappresenti solo la ‘fotografia’ dell’Italia “uscita dai disastri della guerra con la voglia di rimettersi in piedi e ricostruire il proprio futuro”, ma anche “un insegnamento valido anche oggi”. Pure il nostro presente, ha osservato Borghetti facendo riferimento al mondo della politica e non solo, “è fatto di dibattiti aspri e di differenze marcate. Tutti sottolineano la propria ‘identità’, ma a differenza di quel passato, si è persa la capacità di ascoltare l’altro”. Di qui l’invito a riscoprire i racconti di Guareschi come stimolo per tutti “a trovare quel punto d’incontro, capace di superare i luoghi comuni, che consente di prendere delle decisioni insieme, al là degli interessi di parte, per il bene della comunità”.
Radici profonde – E di comunità e di popolo, hanno parlato anche i due sindaci presenti all’incontro: Giancarlo Contini, primo cittadino di Busseto e Massimo Spigaroli, chef stellato e borgomastro di Polesine Zibello. Entrambi hanno ribadito le profonde radici di Guareschi nella ‘bassa’, raccontando diversi aneddoti della sua vita, tutti ambientanti fra lo scorrere del Po, le campagne, i paesi della provincia Parmense. Una storia fatta di storie, che merita di essere raccontata. “Lo facciamo attraverso eventi significativi, come il nostro ‘Busseto Guareschi Festival’ che vede la partecipazione di importanti nomi del giornalismo e cinema”, ha ricordato Contini, che non ha risparmiato critiche alla Regione Emilia-Romagna, “per la decisione di tagliare i finanziamenti agli archivi. L’archivio Guareschi, come tanti altri nella nostra regione, contengono migliaia di documenti e fotografie che raccontano la nostra storia. Stiamo comunque lavorando – ha assicurato – per poterlo riaprire affinché possa essere fruibile”.
Fra Amleto e galletto in padella – Memoria personale e collettiva anche nelle parole dello chef/sindaco Spigaroli, che ha raccontato di aver conosciuto l’autore del ‘Mondo piccolo’ dagli aneddoti ascoltati fra le mura domestiche prima che dalle pagine dei libri. Senza trattenere l’emozione, ha ricordato, ad esempio, quando i genitori, contadini e produttori di salumi, avevano deciso di ristrutturare un piccolo fabbricato in riva al fiume, usato per organizzare feste a base di pesce fritto e altri prodotti locali. L’idea era di farne un locale più strutturato, ma iniziati i lavori, seppero del proposito dello scrittore di aprire un ristornate alla Corte Pallavicini, antico castello del Paese. Per questo decisero di andare a parlargli convinti che se quello fosse stato il suo intento, avrebbero soprasseduto nel loro. Guareschi, ha rivelato Spigaroli, “rispose che sì aveva intenzione di aprire un ristorante, ma visto che loro erano persone del posto, lo avrebbe fatto da un’altra parte e li invitò a proseguire con i loro lavori”. Locale che infatti aprì, a Roncole, con un menu tipicamente parmigiano, perché ha evidenziato il cuoco stellato, “la cucina di Guareschi, è la nostra. Amava la tradizione, i piatti del territorio come il galletto in padella, il cotechino in maschera o il culatello. Una passione quest’ultima, eternata da molte foto che lo ritraggono intento ad annusarlo per poterne percepire profumi e qualità”. Anche gli anni ‘milanesi’ dello scrittore rivelano diversi riferimenti ‘culinari’. Sotto alla Madonnina, Guareschi sceglieva i tavoli del ristorante ‘Amleto’ proprio perché lì sapeva di trovare i sapori autentici della cucina meneghina e lombarda. Ne fu cliente fisso, al punto da adottare il cane del proprietario, che battezzò con lo stesso nome del locale e che gli rimase accanto anche una volta tornato in terra parmigiana.
Via Pinturicchio e la sit-com a fumetti – E qui infatti che si svolge buona parte dell’epopea guareschiana, conosciuta dai più attraverso i film, ma da alcuni anni anche attraverso una collana di fumetti. Ne ha parlato Alberto Brambilla di ReNoir comics, la casa editrice che pubblica la collana di Don Camillo e Peppone, giunta ormai a 17 albi con un 18° già in lavorazione che verrà presentato a novembre a ‘Lucca Comics’, il più importante evento del settore a livello europeo. Questi albi, tradotti in svariate lingue, “sono una scommessa vinta. I nostri personaggi – ha raccontato – non hanno le fattezze di Gino Cervi e Fernandel (i famosi protagonisti delle pellicole tratte dai libri di Guareschi, ndr), perché volevamo staccarci dall’immaginario cinematografico conosciuto da tutti. La nostra collana, non vuole ripercorrere quel successo, ma tradurre in fumetto tutti i racconti di Don Camillo, che sono 356. Ne abbiamo fatti circa 120 e l’obiettivo è realizzarli tutti”. Durante il convegno, Brambilla ha dato anche un’anteprima assoluta, mai mostrata prima: la copertina e alcune pagine del volume ‘La famiglia Guareschi’, ambientato proprio a Milano. Una sorta, ha spiegato, “di sit-com ante litteram, fatta di tanti racconti umoristici e taglienti, che come sfondo principale hanno l’appartamento di via Pinturicchio, non distante da piazzale Piola, dove lo scrittore emiliano ha vissuto per una dozzina d’anni”. Le strisce, ha sottolineato Brambilla, “sono nate dopo un rigoroso studio, che ha coinvolto la famiglia di Guareschi e un attento studio sul campo, compresi i sopralluoghi del palazzo, per restituire al lettore una fedele ricostruzione di quei luoghi”. Strade, atmosfere e persone, che Guareschi amava molto. Perché come recita il titolo della mostra che gli ha dedicato il Consiglio regionale lombardo, la sua auto aveva scritto Pr, ma il suo cuore era targato MI.