Se il Parlamento Europeo, la più grande assemblea legislativa democraticamente eletta nel continente, prende sempre di più decisioni di portata internazionale, il ruolo delle singole camere nazionali o di quelle regionali non ne esce ridimensionato?
Il problema non si è posto fino al 1979, cioè fin quando al Parlamento Europeo sedevano deputati designati in seno agli stessi parlamenti nazionali, che, da una parte, garantivano legittimazione democratica (per quanto indiretta) all’intero sistema istituzionale europeo e, dall’altra, giustificavano la natura consultiva dell’assise comunitaria. Da quanto, però, i cittadini europei hanno la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti in Europa – dal ’79, appunto – l’Eurocamera ha iniziato a chiedere (e a ottenere) maggiori ruoli e responsabilità, modificando la “bilancia” istituzionale (inizialmente a vantaggio del Consiglio dell’UE) e avocando a sé poteri e competenze fino allora detenute dalle assemblee nazionali, pur nelle limitazioni già viste in un precedente articolo.
Via via si sono tuttavia rafforzati anche i parlamenti nazionali, che hanno messo in atto un controllo più efficace sull’attività europea dei propri governi e possono contare su strumenti normativi per aumentare la loro influenza sulla definizione delle politiche comunitarie, godendo, inoltre, a norma del recente trattato di Lisbona, del diritto all’informazione da parte delle istituzioni dell’Unione. Queste infatti hanno l’obbligo di trasmettere ai singoli parlamenti tutti i progetti di atti legislativi nonché le domande di adesione all’Unione ed è in vigore un meccanismo che consente alle camere nazionali di verificare il rispetto del principio di sussidiarietà (cioè del non intervento di un ente di grado superiore nel caso in cui quello di grado inferiore sia capace di svolgere bene un compito), grazie al sistema di allarme preventivo (RAS). Esiste anche una Conferenza dei Presidenti delle Assemblee parlamentari dell’Unione Europea, introdotta a partire dal 1981: vi si trattano questioni inerenti la cooperazione tra parlamenti nazionali e parlamento comunitario. A dimostrazione che tali meccanismi funzionano, basti ricordare che dall’inizio della crisi del debito sovrano (marzo 2010) i presidenti dei parlamenti della “zona euro” si sono riuniti ogni anno e il ruolo delle assemblee che essi guidano è risultato fondamentale nella ratifica o nella modifica di pacchetti di salvataggio.
In materia di enti regionali, invece, la rappresentanza in Europa è garantita dal Comitato Europeo delle Regioni, organo consultivo composto da membri che ricoprono già un ruolo politico-istituzionale a livello locale. Il Comitato offre a città e regioni la possibilità di esprimere formalmente la loro opinione a proposito delle norme in discussione nelle istituzioni europee, al fine di assicurare che le loro posizioni ed esigenze siano rispettate. La Commisione Europea, il Consiglio dell’Unione e il Parlamento Europeo sono obbligati a consultare il Comitato delle Regioni quando elaborano norme in settori tipicamente gestiti a livello regionale, come sanità, istruzione e trasporti, e ogni anno il comitato finisce per vagliare dai 50 agli 80 progetti legislativi. È un’ulteriore garanzia che l’Europa venga sempre costruita in base a principi democratici.
Dario Romano