Foto copertina di Luca Comerio (Archivio di Stato di Perugia, sezione Spoleto, documenti Fondo Blaser)
7 giugno 1918, ore 13,50, Castellazzo di Bollate (Milano): la fabbrica di armi Sutter&Thévenot, insediata dentro l’attuale territorio del Parco delle Groane, è scossa da una devastante esplosione. Nel reparto spedizioni, dove sono conservate bombe a mano e altro materiale esplosivo, qualcosa va storto ed è l’inferno. “59 morti e trecento e più feriti (52 donne e 7 uomini tra i 16 e i 30 anni, ndr) – riportano le pagine del Chronicon della Parrocchia di San Guglielmo di Castellazzo – Lo scoppio fu sentito alla distanza di 30 chilometri. Nei paesi limitrofi di Castellazzo, Bollate, Garbagnate, Senago ci fu la rottura di vetri in tutte le case, chiese, asili, scuole e stabilimenti. Giunsero da Milano automobili della Croce Rossa con tutti i mezzi di soccorso”. Il bilancio è tragico. Il giorno è da incubo. "Arrivammo sul luogo del disastro in autocarro, lungo strade ombreggiate da pioppi e fiancheggiate da fossi”. A scrivere è un volontario americano della Croce Rossa accorso a Castellazzo. Non un volontario qualunque, ma un certo Ernest Hemingway, all’epoca diciannovenne e già avventuroso, che metterà nero su bianco le impressioni sopracitate 14 anni dopo, nel suo libro ‘I quarantanove racconti’. “Ci ordinarono di perlustrare gli immediati dintorni per vedere se ci fossero dei corpi – riflette sempre il Premio Nobel per la Letteraura 1954 – Ne trovammo parecchi e la sorpresa fu di scoprire che questi morti non erano uomini, ma donne. […] Al nostro rientro a Milano ricordo che qualcuno di noi parlò dell’episodio e riconobbe il suo aspetto irreale”. E pensare che di lì a pochi mesi, più precisamente l’11 novembre 1918, sarebbe ufficialmente terminata la Prima Guerra Mondiale. In quel lasso di tempo tra la primavera e l’autunno però lo stabilimento dell’Altomilanese continuò a lavorare a pieno regime. C’era bisogno di bombe. Servivano fucili. Gli uomini dell’Esercito Italiano battagliavano sul fronte con unghie, denti stretti, ma soprattutto con armi. Le donne, lontane dalle trincee, pensavano a tutto il resto. Anche a costruire gli ordigni. Per questo dei 59 decessi nella fabbrica di Sutter&Thévenot, 52 furono vittime rosa.
Sono passati 100 anni dalla strage di Bollate. Per più di 90 anni però lo sciagurato evento è finito nell’oblio, disperso tra le molte, sicuramente troppe, atrocità senza ricordo della Grande Guerra. Per riportarlo nella memoria collettiva si è dovuto attendere il 2010, quando il parroco della chiesa di San Guglielmo a Castellazzo, Padre Egidio Zoia, impegnato nella ricerca di documenti storici, scopre in mezzo alla polvere il drappo funebre esposto il giorno delle esequie e rimasto per 92 anni in un ripostiglio della chiesa locale. Da qui la ricerca negli archivi di dettagliati materiali e atti che chiarissero le proporzioni della dolorosa vicenda che, proprio in questi giorni di fine maggio e inizio giugno 2018, sarà commemorata dal progetto “Quell’esplosione cent’anni fa”, riconosciuta fra gli anniversari di interesse nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
‘Quell’esplosione cent’anni fa’ inoltre coglie l’occasione per riflettere su temi attuali come la dignità, i diritti, il lavoro, la giustizia, il sacrificio, il ruolo civile e sociale delle donne. E lo fa attraverso numerose attività volte a diffondere la conoscenza di questo episodio storico e a promuovere il valore culturale e naturalistico del territorio di Castellazzo. Per tutti gli appuntamenti e le informazioni relativi alla rassegna si rimanda al sito http://immaginiememoria.it/ dove sono anche disponibili per la visione in formato digitale le fotografie di Luca Comerio (gli originali sono conservati presso l’Archivio di Stato di Perugia, sezione Spoleto, documenti Fondo Blaser) a cui nel 1917 fu commissionata una documentazione fotografica dello stabilimento Sutter&Thevenot. Il noto fotografo milanese realizzò così numerosi scatti di qualità in grado di rendere la vita, le attività, le persone, gli ambienti e il territorio della fabbrica. Il materiale pertanto è risultato assai prezioso per ricostruire la storia dello stabilimento coinvolto dallo scoppio il 7 giugno 1918.
MV