Prende sempre più piede in Lombardia la medicina di genere, un approccio alle cure interdisciplinare e personalizzato a seconda delle differenze economiche, sociali, politiche e culturali dello stato maschile/femminiale. Complessivamente sono 62 gli ospedali lombardi premiati con il “bollino rosa” per l’attenzione alle patologie femminili e alle donne ricoverate; in crescita il numero di attori coinvolti (istituzioni, università ed enti di ricerca, centri specializzati, industrie private, associazioni e reti); aumentano le iniziative di formazione, oltre alla diffusione di un buon numero di best practice. Questo il quadro delineato dal policy paper “L’importanza della medicina e della ricerca medica di genere tra il personale sanitario”, illustrato oggi dal Direttore di Eupolis Lombardia, Alessandro Colombo, e da Antonio Maria Chiesi, Dipartimento di Scienze sociali – Università degli Studi di Milano, alla Commissione consiliare Sanità.
A introdurre i lavori, Presidente del Consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, e il Presidente della Commissione Sanità Fabio Rolfi (Lega Nord) che hanno sottolineato l’attenzione del parlamento lombardo al tema. A livello regionale, infatti, la Lombardia è stata una delle prime Regioni ad aver inserito la medicina di genere all’interno dei documenti del servizio sanitario regionale (Piano Regionale di Sviluppo 2013-2018) e la prima ad aver posto la medicina di genere tra gli obiettivi dei Direttori Generali (D.G.R X/2989 del 2014).
“L’illustrazione della ricerca costituisce un’interessante occasione per approfondire, come legislatori regionali, le indicazioni per nuovi sviluppi – ha dichiarato il Presidente Raffaele Cattaneo – e far sì che anche in Lombardia, la medicina di genere sia sempre più un’opportunità per contribuire all’innovazione e a una migliore efficacia del sistema sanitario, a vantaggio di tutti”.
“Il tema della medicina di genere non ha un ruolo secondario all’interno della riforma della sanità lombarda – ha sottolineato Fabio Rolfi –, ma è sempre più un ambito della medicina che studia le differenze nell’ottica dell’appropriatezza delle cure, dell’efficacia e della sostenibilità del sistema”.
Proprio in tema di valutazione economica degli investimenti, alcuni studi hanno evidenziato come una maggiore attenzione alle terapie farmaceutiche, in linea con le indicazioni della medicina di genere, riducendo le reazioni avverse ai farmaci, portrebbe un risparmio tra i 4 e i 5 milioni di euro, a livello di bilancio medio regionale.
“Bisogna riconoscere e valorizzare il percorso svolto anche dal Consiglio regionale sul tema – ha dichiarato la Vice Presidente, Sara Valmaggi -. Ora occorre proseguire nell’implementazione degli interventi di medicina di genere, soprattutto operando un maggior coordinamento sia a livello regionale sia a livello delle singole aziende. La personalizzazione della cura deve diventare uno dei pilastri del piano regionale della prevenzione”.
A livello nazionale, alcune regioni del Centro e del Nord (in particolare Lombardia, Emilia-Romagna Toscana e Piemonte) hanno introdotto misure di promozione della medicina di genere particolarmente innovative, mentre permane invece un grosso divario con le regioni del sud (a parte la Basilicata e in parte la Puglia). In particolare, sono 4 gli ambiti d’intervento promossi dalla Regione Lombardia: l’inclusione della medicina di genere nel Piano Socio Sanitario Regionale, l’applicazione della medicina di genere come obiettivo ai Direttori generali delle Aziende sanitarie, la formazione degli operatori sanitari a livello regionale e agli studenti universitari.
La Lombardia si è, inoltre, distinta come la regione con il maggior numero di "bollini rosa", conferiti dall’Associazione Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna: nel 2016, gli ospedali premiati con 3 bollini sono stati 14 su 82 a livello nazionale. Altri 34 ospedali lombardi sono stati premiati con 2 bollini sui 127 a livello nazionale. Infine, 14 ospedali, sono stati premiati con 1 bollino sui 40 nazionali. Tra le 14 eccellenze ricordiamo A. O. Istituti ospedalieri di Cremona – Presidio Ospedaliero Cremonese; l’azienda ospedaliera San Gerardo di Monza; l’Ospedale Policlinico S. Matteo di Pavia; l’azienda ospedaliera Ospedale di Circolo e la Fondazione Macchi di Varese.
La ricerca ha inoltre ricordato alcune iniziative promosse a livello territoriale. Tra le best practice sono state considerate quelle del presidio di Garbagnate Milanese e dell’ASST Rhodense, per il monitoraggio e il trattamento del dolore in un’ottica di genere; il lavoro dell’ASL di Bergamo sul tema delle dipendenze; il programma dell’ASST Bergamo Ovest sulla prevenzione del cervico-carcinoma con il coinvolgimento delle scuole medie superiori di Treviglio e Caravaggio; le iniziative rivolte alle donne dell’ASST Valle Olona per la prevenzione di alcune patologie.
Dallo studio sono anche emerse alcune sfide rivolte all’intervento regionale per una maggiore diffusione della medicina di genere: la formazione dei medici e degli operatori; gli assetti organizzativi regionali e aziendali; la capacità di produrre ricerca innovativa e raccolta dati; le azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento alla popolazione per la prevenzione e la promozione della salute; la creazione di reti di scambio e maggiore internazionalizzazione.